Politica

La maledizione dei riformisti

L’Italia, diceva Ugo La Malfa, è il Paese delle controriforme. Spesso si parte bene e finisce male, corrompendo in pratica quel che si afferma in teoria. E’ il rischio che corre l’odierno sforzo di riformare il sistema istituzionale, dandogli ossatura e legge elettorale più seri. A questo concorre la maledizione dei riformisti, timidi e rimpiattati, affetti da un’idea d’inferiorità che li ha colpiti già agli albori della nostra democrazia.
Certo: il Risorgimento non compiuto, l’unità nazionale giunta tardi, il dominio delle forze ideologiche, il peso non trascurabile ed antiunitario del Vaticano, un capitalismo asfittico, la guerra fredda, e tutto quello che si vuole e che in effetti fu. Ma qualche colpa i riformisti, fra i quali annovero me stesso, gli esponenti della cultura politica che è sempre stata democratica e non ha creduto in nessuna rivoluzione, ce l’hanno in proprio. Intanto perché si pensano e concepiscono come una minoranza. Sentono che solo corrompendosi potrebbero aspirare ad essere maggioranza, così condannandosi alla sudditanza. Una grande stagione riformista fu quella centrista, quando l’alleanza obbligata con la dc creò le condizioni per lo sviluppo economico e civile. Promise bene e mantenne poco il centro sinistra, perché puntando alle “riforme di struttura” si scimmiottò il socialismo possibile, che in Italia non fu nemmeno socialdemocratico, ma un incrocio fra sindacalismo e partecipazioni statali. La solidarietà nazionale fu una parentesi d’emergenza, che diede frutti positivi (lotta al terrorismo) consegnandone di avvelenati (consociatismo e spesa pubblica incontrollata). Il pentapartito raddrizzò la politica internazionale, ma non seppe rimediare al disfacimento statale.
Finite le ideologie, era giunta l’ora della riscossa. Ma non si colmava la frattura civile, la pretesa di mandare in galera l’avversario, la presunzione di non fare i conti con il proprio presente. Nacquero, inventate da Berlusconi (fortunatamente), le coalizioni obbligate e disomogenee, con i riformisti divisi ed in minoranza, da una parte e dall’altra. Ora che ci sono sintomi di disgelo i riformisti temono che si perda quel che non c’è mai stato: l’alternanza. Sempre a rimorchio, perché tremuli nel pensarsi alla guida. Pavidi loro, debole l’Italia delle riforme.

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