Politica

La partita afgana

Ogni sforzo sarà fatto per sottrarre Daniele Mastrogiacomo alle mani dei talebani rapitori, per restituirlo alla vita ed alla professione, liberandolo dalla minaccia armata. “Tutti i canali sono attivati”, recita la formula di rito. Liberiamo anche noi stessi dall’ipocrisia, e diciamo che questo governo, come il precedente, non esclude affatto di potere trattare con i rapitori.

A me sembrava, e sembra, sbagliato, ho scritto e ripeto che si deve porre un limite alla volontà di dialogare, sebbene per una ragione più che giusta, ma a parte quel che a me sembra resta il fatto che questo genere di contatti non avviene alla luce del sole, viene affidato a persone dei servizi segreti, ed il governo negherà sempre di averli voluti. Ecco, visto come stanno le cose, evitiamo, almeno, di dovere processare domani quelli che oggi sono chiamati ad agire.
La condizione in cui si dovrà lavorare è difficile, perché quei talebani non sono dei pazzi, non sono ciechi al dibattito politico in corso da noi, sanno benissimo di rendere ancora più dolorosa una spaccatura politica interna alla maggioranza e, per questo, saranno meno disposti a cedere se non in cambio di contropartite robuste, posto che saranno politiche quelle pubblicamente chieste.
Da noi, oltre tutto, le spaccature si sono evidenziate su un tema assolutamente inconsistente, qual è il rifinanziamento, quindi la permanenza dei nostri soldati in Afghanistan. Questo è scontato. Mentre il tema vero è quello della consistenza, dell’armamento e della collocazione delle truppe. Delle nostre e di quelle alleate. Fra il dibattito parlamentare italiano e le parole di Tony Blair c’è una distanza inquietante, ed è in quello spazio che sarà comodo collocare gli attacchi all’Italia ed agli italiani.
Non è la prima volta che succede, anche gli attentati subiti in Iraq erano collocati in momenti politicamente difficili, ed anche altre volte i terroristi sono entrati, con i loro mezzi, nel pieno di un dibattito che sembrano conoscere molto bene. Su questo sarebbe bene riflettere, e da questo far derivare un clima di rapporti politici del tutto diverso. In fondo la maggioranza parlamentare che è favorevole al giusto lavoro che si sta svolgendo in Afghanistan è enorme, ma non coincidente con quella di governo. E’ vero che le ragioni della cucina nostrana sono spesso miopi, ma si stia attenti a non scherzare troppo con il fuoco.

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