Politica

La questione palestinese

Gli israeliani hanno terminato l’abbandono di Gaza, con atto unilaterale, incondizionato e doloroso. In quei territori restano le sinagoghe, che gli ex occupanti non hanno raso al suolo e che lo saranno, a quanto s’annuncia, dai palestinesi. Peccato, lasciarle al loro posto sarebbe stato un passo nella giusta direzione. Nello stesso giorno Abu Mazen ammette di non essere in grado di disarmare Hamas, temendone la reazione. Il ritiro israeliano, insomma, mette in piena luce il vero problema, la questione palestinese.

Sono decenni che si specula sui palestinesi, i cui veri nemici sono i pretesi sostenitori ed i generosi finanziatori. Era amico dei palestinesi il comunismo sovietico, prodigo di quattrini e di armi, quella patria armata di un movimento internazionale che provocò il cambio d’opinione dei comunisti italiani. Un cambio d’opinione che si trascina ancora oggi, nell’incapacità di guardare in faccia la realtà (vedete: i guasti culturali e politici del comunismo italiano non sono ferri rugginosi in mano ad esaltati, ma fatti concreti, reali, udibili e tangibili).

Nell’Europa che s’era lasciata alle spalle la seconda guerra mondiale le simpatie della sinistra, di quanti avevano lottato contro il nazifascismo, non andavano certo verso quanti del nazismo furono ammiratori (i palestinesi), ma, semmai, verso chi ne fu vittima (gli ebrei). La guerra fredda distorse gli animi e le menti, ed Israele, l’unica grande democrazia dell’area, divenne irragionevolmente oggetto di critiche e dissensi. Ancora oggi si discute della “questione palestinese” come se il problema fossero le decisioni israeliane (che restituiscono terra), invece che il desiderio di arabi e russi di continuare ad avere un popolo ostaggio con il quale allontanare le prospettive di pace.

Questa è la ragione profonda che ha portato la sinistra europea, italiana a francese in particolare, ad esaltare un gruppo di terroristi corrotti, capaci di lasciare a famigli e consorti eredità ragguardevoli, affamatori dei palestinesi e nemici d’ogni loro libertà. Ed è dalla profondità di questa ragione che occorre ripartire, estirpando le radici della malapianta, se si vorrà considerare veramente passato il passato.

La destra italiana aveva un conto in sospeso, con Israele, tutto concentrato e compreso nel cialtronesco antisemitismo di marca fascista. Gianfranco Fini, ed è una delle poche cose per cui lo si ricorderà, ha espresso su quel suo stesso passato la condanna che merita. A sinistra, invece, non s’è ancora trovato un leader riconosciuto che saldi il conto di un antiebraismo tutto politico, ma non per questo meno infame.

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