Politica

Ricostituente

Alfonso Papa sarà scarcerato, i suoi colleghi, la politica e le istituzioni, invece, sono irrimediabilmente prigionieri. Il gregge disperato, che non trova più il pastore, ma neanche un cane che faccia da guida, ondeggia correndo verso il nulla, ciascun ovino gioendo del non essere già stata scannato.

Prigioniero è anche il Presidente della Repubblica, che gli spensierati vorrebbero custode dell’equilibrio istituzionale e che, invece, da presidente anche del Consiglio superiore della magistratura, ripete il vaniloquio di chi tenta di scongiurare quel che è già avvenuto. Ha detto che le intercettazioni telefoniche dovrebbero essere disposte solo quando indispensabili. Con il dovuto rispetto: non significa un bel niente. Chi lo stabilisce? E’ come la minestra, da salarsi al punto giusto, ma ad uno pare sciapa, mentre l’altro la trova troppo condita. Noi proponemmo una soluzione vera (le intercettazioni sono strumento d’indagine, ma non prova, quindi non si depositano mai e restano sempre segrete), purtroppo nessuno s’occupa più di questioni concrete.

Le greggi si commuovono o sogghignano per la sorte di Papa. Io penso a quella della procura napoletana, che si ritrova incarcerato uno che non avrebbero mai pensato di avere fra le mani. E ora? Si sbrighino a scarcerarlo, è meglio per loro. I colleghi di Papa, però, non meritano pietà. Non la merita Bruno Tabacci, accecato dalla faziosità fa finta di credere che il compito del Parlamento fosse quello di accertare il fumus persecutionis. Ha scambiato la detenzione con l’autorizzazione a procedere. Ignoranza inescusabile, come quella del miracolato, Alberto Tedesco, che manda a quel paese il presidente del suo partito, Rosy Bindi, che del giustizialismo fece una professione, ma poi aggiunge che la custodia cautelare dovrebbe essere l’eccezione, retta solo dal pericolo. Ignorante di un onorevole, è già così, solo che nessuno di voi ha gli attributi per dire che il potere dei magistrati è autoreferente e viola costantemente la legge, nessuno di voi ha la lucidità per denunciare che in questo tritacarne finiscono tanti cittadini inermi, mentre vi si smuove l’intestino solo a parlare di voi stessi.

Dobbiamo uscirne. E si può, sebbene non sarà facile parlare di coraggio e ragionevolezza al bestiame cieco. Tutto questo è reso possibile non solo dall’insipienza dei protagonisti per caso, ma dall’inarrestabile crollo degli equilibri disegnati nella Costituzione del 1948. Posto che il governo si regge ancora in piedi, sebbene oscillando ubriaco, e posto che il tempo delle elezioni anticipate è passato e anche la prossima primavera è lontana, posto, infine, che un governo presidenziale sarebbe un commissariamento della democrazia, si usi l’articolo 138 della Costituzione per dare vita a una riedizione della commissione dei 75, quella che scrisse la Carta. Meglio sarebbe un’Assemblea costituente, eletta con il sistema proporzionale, in carica per un anno e senza remunerazione alcuna. Un servizio alla Patria. S’imbocchi questa via, con il consenso dei moribondi che sono giunti al fine di una pessima stagione, tutti impauriti dalle urne, tutti dilaniati da contrasti interni, tutti preda d’interessi e poteri da cui sono ricattati. Diano un senso all’agonia, propiziando la rinascita.

Tutte le persone raziocinanti, di destra e di sinistra, sanno cosa si dovrebbe fare per rendere più forte chi governa e meno inutile chi legifera. I profittatori del disfacimento, a destra come a sinistra, li si lasci stare: sono come i vermi che divorano il cadavere e poi perdono la ragione d’esistere. Gli strumenti possono essere diversi, lo so, e l’uno non vale l’altro. Ma il tempo è scaduto, il vuoto fazioso è pericoloso, le vecchie istituzioni andate. E’ l’ora di cambiare. Gli elettori bramano di punire tutti gli incapaci, di destra e di sinistra, ma sono anche, nella grande maggioranza, pronti ad ascoltare chi pensi al futuro non come il tempo in cui regolare i conti del passato. L’alternativa, del resto, è una sola: attendere che altre pecore siano sgozzate, mentre le colleghe si nutrono per il desco altrui. Se non se ne rendono conto, in Parlamento, è segno che meritano tale sorte, che, di cuore, auguro loro d’incontrare al più presto.

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