Politica

La santabarbara

Per un Parlamento in carica le elezioni anticipate sono come il divorzio per una coppia di sposi: non se ne può parlare a lungo e ricorrentemente senza che il sodalizio sia già finito. Siccome qui non si parla d’altro, si tratta di stabilire quanto può durare e costare il protrarsi della convivenza coatta. Per quanto tempo il governo può essere retto da separati in casa? Attualmente è in corso quello che ho chiamato “gioco del cerino”, consistente nel temporeggiare per scaricare sull’altro la responsabilità della rottura. Estenuante e, a tratti, cretino. La via d’uscita c’è. Sarà bene imboccarla.
In un festival d’ipocrisia il governo ha riottenuto la fiducia parlamentare, dopo avere enunciato cinque punti sui quali concentrare l’azione. La settimana non era ancora finita che la lite è ricominciata, sull’unico punto che non riguarda gli italiani, ma la politica: la giustizia. Tema di rilevanza generale, certamente. Piaga da troppi anni infetta, di sicuro. Problema da risolversi nell’interesse collettivo, naturalmente. Ma la baruffa si concentra sui procedimenti che riguardano il presidente del Consiglio, che una parte interpreta come attentato alla sovranità popolare e l’altra come attentato all’indipendenza dei magistrati, in un mescolarsi scomposto di torti e ragioni. Una rissa condotta con rabbia, ma ben poca lucidità.
Lo scorso 3 gennaio un botto notturno squarciò il silenzio e il portone della procura, a Reggio Calabria. Tutti scrissero di “bomba ad alto potenziale” e di ribellione delle cosche contro la sana determinazione dei magistrati. Vidi le cose in modo diverso, e lo scrissi: era un petardone, destinato a non far male neanche ad una mosca e recante un messaggio indirizzato a qualcuno dentro al palazzo. Le cosche stavano dialogando, non guerreggiando. Pare che le cose stiano così, ma, incredibilmente, la politica resta sorda al reale significato della faccenda: un pubblico ministero viene sollevato dall’incarico, perché sospettato d’intesa con gli imputati, i quali se ne dolgono. Il pm in questione è trasferito, per “incompatibilità ambientale”, e oggi si trova ad amministrare giustizia presso la corte d’appello di Roma. L’assurdità è evidente, come anche il fatto che “indipendenza” non può significare impunità, e “autogoverno” non può significare che un (presunto) colluso lo si manda a far danno altrove. Ma la politica, anziché utilizzare la realtà per dar sostanza alle teorie la cancella, concentrandosi su se stessa. Un pessimo sintomo d’autoreferenzialità.
Votando la fiducia tutte le forze della maggioranza hanno convenuto sulla necessità di separare le carriere dei magistrati e dar vita a due Csm (il che comporta una riforma costituzionale). Subito dopo Silvio Berlusconi chiede una commissione parlamentare d’inchiesta sulle devianze della magistratura e Gianfranco Fini dichiara che non passerà mai alcuna riforma che sia contro i magistrati. Siccome l’Associazione Nazionale Magistrati è contro la separazione delle carriere se ne deduce che l’unico punto all’ordine del giorno è la difesa del presidente del Consiglio dai procedimenti in corso. Un errore colossale.
Ecco come uscirne: entro una settimana il governo presenti un articolato relativo alla riforma complessiva della giustizia, che riguardi i sui tempi incivili, il suo ordinamento e anche le guarentigie per chi governa o è eletto dal popolo (l’immunità parlamentare era prevista dai padri Costituenti). S’incardini la discussione dell’intera proposta, chiedendo ai parlamentari di pronunciarsi senza vincolo di schieramento, e si separi chi ha il coraggio delle proprie idee da chi non ha orrore dei propri giochetti. Se ci saranno le condizioni per andare avanti gli italiani avranno una giustizia civilizzata, e se, com’è più probabile, tali condizioni non ci saranno sarà chiaro perché e per mano di chi il governo cade e si torna alle urne.
Stesso schema può essere adottato per gli altri quattro punti. A chi crede che, invece, si possa andare avanti con l’andazzo attuale vorrei far osservare che nelle piazze i sindacalisti si prendono a sassate fra di loro, che la lotta per la nuova segreteria della Cgil è condotta a botte d’estremismo, che il più determinato e operativo dei capitani d’industria, Sergio Marchionne, parla apertamente di una politica invasa da bestie e di smarrimento del più elementare senso delle istituzioni. Se a lor signori resta un minuto di tempo, poi, suggerisco un giretto fra i vari blog, a cominciare da quelli dei quotidiani più blasonati, per valutare il tasso d’odio che circola nelle vene d’Italia. Sicché, stiano attenti, con quel cerino, perché mentre i super intelligentoni valutano come fregare il vicino ad essi sfugge di trovarsi in una santabarbara, cui, del resto, c’è chi darebbe volentieri fuoco, dall’esterno. E non è detto che lo spettacolo successivo sia divertente.

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