Politica

La siesta

L’idea che, nel 2013, affronteremo la campagna elettorale del 1996 è disperante. E’ passato un secolo, e non solo per lo scorrere del calendario. C’era, per dirne una, ancora la lira. Eppure sembra che le forze politiche siano rimaste allo scontro di allora: mucchio contro mucchio, con più voglia di menare che di pensare.

La cosa paradossale è che il centro destra sembra impostare una campagna elettorale nella quale finirà con il far scomparire i propri meriti, che pure ci sono: dal 2008 a oggi l’Italia ha dato prova di rigore nell’amministrazione dei conti pubblici e abbiamo il migliore avanzo primario d’Europa. Lo avevamo già con il governo Berlusconi. Ma sembra che questo merito sia divenuto una vergogna, talché ci si butta sulla propaganda un tanto al chilo. E la sinistra aiuta, sia favoleggiando di risanamenti che avrebbero appoggiato solo loro, sia abbandonandosi al solito delirio dei numeri: sale lo spread, colpa di Berlusconi (poi scende, e che si dice?); crolla la Borsa, colpa di Berlusconi (poi risale, e che si fa?).

Il problema serio del centro destra, e di Silvio Berlusconi, non è questa roba, sì malamente agitata, ma il fatto che l’Italia si trascina da più di tre lustri senza riuscire a crescere (almeno) quanto gli altri europei. Che si è promessa una discesa della pressione fiscale, che invece sale. E la contraddizione fra promesse e risultati è così stridente che il centro destra neanche rivendica un altro successo: quello della lotta all’evasione. Solo che, per ottenerlo, hanno messo loro in campo quegli strumenti odiosi che oggi affermano di volere cancellare, come fossero opera altrui. La sinistra, e anche il governo Monti, sbagliando, hanno sommato a quelli anche il moralismo fiscale, ma la sostanza è made in Berlusconiland.

Il problema gigantesco, del centro destra, è che per due volte hanno portato a casa un successo elettorale (lasciamo perdere la prima volta) e per due volte hanno fallito la prova di governo. Dice Berlusconi: abbiamo fatto molte cose buone. E’ vero, ma le avrebbe fatte chiunque fosse stato al governo per così lungo tempo. Il guaio è che non hanno fatto quelle per cui sono andati al governo: il già ricordato fisco, le liberalizzazioni, la dismissione di patrimonio per abbattere il debito, il martoriato capitolo della giustizia. Dicono: ce lo hanno impedito. No, non funziona così: se vi siete accorti (e non ci voleva molto) che le vittorie non bastavano e che la debolezza istituzionale del governo impediva tutto, avreste dovuto portare la cosa all’attenzione degli italiani, anche proponendo riforme costituzionali, non tirare a campare per tenere unita la coalizione, che comunque s’è sfasciata, per tre volte.

Qual è la cosa più importante, fatta dal governo Monti? La riforma previdenziale. Pur contenendo non pochi errori (vedi alla voce: esodati) era necessaria e urgente. Perché non l’ha fatta il governo Berlusconi? Perché la Lega era contraria. Con chi si presentano oggi alleati? Con la Lega. E’ questo il problema. Poi, certo, si può e si deve ricordare che quando la sinistra mise le mani sulla materia previdenziale lo fece per tornare indietro, cancellando lo “scalone”. Verissimo, ma le colpe della sinistra non sono meriti della destra. L’Italia ha bisogno d’essere governata bene, non il meno peggio possibile.

Questo film sta per essere trasmesso la sesta volta: 1994 – Berlusconi, la sorpresa (il più bello, come spesso capita); 1996 – Berlusconi, la sfortuna; 2001 – Berlusconi, il ritorno; 2006 – Berlusconi, la sconfitta; 2008 – Berlusconi, la vendetta. E ora? 2013 – Berlusconi, il rieccolo. E sarebbe ancora un film accettabile, se non fosse che c’è il rischio di vedere: Berlusconi, il gesto disperato. E se vincesse? Non potrebbe governare, ancora privo di una classe dirigente lontanamente degna di questo nome. E se perdesse? Proverà a essere il miglior perdente, in modo da avere un peso laddove vincesse una sinistra a sua volta priva di maggioranza e a sua volta destinata a sfasciarsi.

L’Italia non merita di dovere scegliere fra questo e l’asse Vendola-Cgil. E l’uomo che diede rappresentanza all’Italia produttiva e ragionevole, non interamente a ridosso della spesa pubblica, non è giusto finisca con il prendere in ostaggio quegli elettori, condannandoli a votare quel che non servirà e a farsi bollare come ipnotizzati dal declino. Il centro? Suvvia, non scherziamo. Qui va a finire che prevale lo schema siculo. Che la sciasciana “linea della palma” prenda il sopravvento. Ci si fermi a ragionare. Tutti.

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