Sì, certo, sulla scelta della guerra al terrorismo ed ai regimi che lo fiancheggiano, a partire da quello liberticida dei talebani, la sinistra si è ancora divisa.
Ed è non meno certo che nella sinistra che fu comunista, così come nelle file del cattolicesimo che volle dirsi di sinistra (e che ancora lì si trova) rimangono forti le tracce di un antiamericanismo che confusamente si coniuga con aspirazioni terzaforziste di stampo europeo, o con vocazioni mediterranee a loro volta antieuropee, o con pastrocchi ancor meno decrittabili. Ma è anche certo che la sinistra, da questo punto di vista, si è molto evoluta e che oggi la sua parte maggioritaria si trova su posizioni accettabili e compatibili con la vocazione democratica ed occidentale dell’Italia. Non ci si guadagna, a negar quest’evidenza.
Ricordo che alla marcia per la pace, fatta nel nome di Aldo Capitini, partecipai fino a quando, un brutto giorno, i signori Occhetto e D’Alema si presentarono, accompagnati da un telegramma del compagno Breznev, per sfilare contro l’installazione dei missili Nato. Da opportuna testimonianza contro le guerre era divenuta una manifestazione politica d’appoggio alla macchina da guerra sovietica. Anche allora la sinistra si spaccò, e, con gran guadagno della libertà e della sicurezza, Bettino Craxi portò i socialisti italiani a condividere appieno la scelta difensiva occidentale.
All’Angelus, invece, non ci sono mai andato. Ci andarono D’Alema e Veltroni, con i loro bambini, a testimoniare la loro avversità alla giusta guerra contro l’Iraq.
Attorno alla pace e per il pacifismo i comunisti italiani hanno costruito propaganda ed azione politica finanziata dalle dittature guerrafondaie, e tale modalità operativa si è estesa anche oltre la vita ufficiale del partito comunista italiano.
Venne poi la guerra in Kossovo, dichiarata troppo tardi, quando Milosevic aveva già procurato quasi tutti i guai che poteva procurare, ma, al fine, dichiarata. In quell’occasione non ci piacque affatto la retorica stucchevole e falsa della “guerra umanitaria”. Alla nostra sinistra, comunque, quella retorica servì per traslocare se stessa dalla parte in cui i democratici avevano collocato l’Italia.
Questi uomini della sinistra commettono il tragico errore di non affrontare seriamente il loro passato. Pretendono salire in cattedra, pretendono dar lezioni, ma non sanno fare i conti con se stessi. Non con Bordiga, con se stessi. Tale loro colpevole incapacità, però, non può essere un buon motivo per ignorare quel che di buono va accadendo. Ed accade che mentre i rincitrulliti mescolano il Che con i copricapo palestinesi, sperando ancora in una sinistra tanto romantica quanto priva di cultura storica e senso del reale, la parte più politica e consistente della stessa sinistra si colloca dalla parte opposta, segnando una rottura non rimarginabile con il passato del falso pacifismo.
Il fatto che D’Alema tenti di spiegarcelo impartendo lezioncine sulla guerra in Afganistan (dove era, lui?) fa sorridere, ed è soavemente patetico. Ma il fatto positivo resta, ed è bene segnalarlo.