Se la nostra non fosse una politica anomala, avremmo una sinistra normale, ovvero una sinistra che non è comunista, che (possibilmente) non lo è stata e che, anzi, è anticomunista perché nemica delle dittature. Se non vivessimo in una specie d’incubo negazionista, non ci complimenteremmo nel 2006 con chi è giunto ad un giudizio non corrotto sui fatti del 1956.
Se non si fosse allevata la storiografia ideologizzata si discuterebbe su come sono scritti i libri di Pansa, ma certo non desterebbero scandalo. Però la sinistra non ha fatto e non vuole fare i conti né con il passato né con il presente, conservando di se stessa tutti i lati negativi e consegnandoci un Paese anormale. Invito a leggere il libro di Claudio Velardi (L’anno che doveva cambiare l’Italia) per prenderne ancora una volta atto.
Qui mi interessano solo poche di quelle pagine. Scrive Velardi che la sinistra dovrebbe gettare a mare i falsi miti del passato, dal comunismo dell’Est allo zio Ho, da Togliatti a Castro. Dice che dovrebbe considerare buono il capitalismo e non questo o quel capitalista. Che dovrebbe ammirare il ruolo degli Stati Uniti, riservandosi di criticarne le politiche, se del caso. Che dovrebbe credere nel diritto, facendo tornare all’asilo i girotondini. Che dovrebbe riconoscere con chiarezza che Unipol non aveva la dimensione per prendere Bnl e che appoggiarsi a Fazio fu un errore. Dice tante altre cose interessanti che qui non posso riassumere, ma se quel tipo di sinistra prende corpo avvertitemi, che corro a dare il mio contributo. Già, perché c’è la grande scuola della sinistra democratica ed anticomunista che a quell’appuntamento giungerebbe felice. Ma non accadrà, purtroppo, neanche con il presunto partito democratico.
Non accadrà, e Velardi lo sa, perché il baco non sta solo nel lontano passato bensì in tempi recentissimi, le colpe non sono solo quelle di Togliatti, ma anche quelle dei contemporanei. Quel mondo politico, fino al 1991 finanziato con soldi sovietici sporchi di sangue, assisté talora inerte e talora partecipe al massacro di una classe politica democratica, rea di essersi finanziata ed avere resistito alla forza comunista. Altro che 1945 e 1956, la vergogna è lì, forte e fresca di un decennio. Tanto imbarazzante, che neanche Velardi riesce a maneggiarla.