Politica

La zavorra che ci trattiene

Le date fanno impressione. Tony Blair ha vinto le elezioni del 1997, iniziando un governo che ora giunge a conclusione, dieci anni dopo. Silvio Berlusconi le aveva vinte tre anni prima, nel 1994. Romano Prodi le vinse un anno prima, nel 1996.

Blair ha cinquantadue anni ed annuncia il suo ritiro. Da noi non è escluso che si voti la terza o quarta volta avendo innanzi la medesima sfida. Blair ha governato dieci anni. Da noi nessuno ha visto, neanche da lontano, quella durata ed anche quando il capo coalizione si trova a Palazzo Chigi non per questo governa, giacché passa gran parte del suo tempo a mediare all’interno della propria coalizione.
Da noi si scarica il malumore dei cittadini in campagne antipolitiche ed antipartitiche, e tale, del resto, fu il concime che portò a spezzare, nel pessimo biennio 1992-1994, la storia della nostra democrazia. Si spinge l’opinione pubblica ad avercela con i partiti, additandoli a causa di molti problemi. In Gran Bretagna i partiti sono il nerbo della democrazia, scelgono i candidati che saranno eletti e scelgono chi guiderà il governo. Al punto che è proprio il New Labour creato da Blair a dargli il benservito e scegliere il successore, Gordon Brown, così come furono i conservatori a liquidare Margaret Thatcher e mettere al suo posto John Major.
Da noi ciascuno si costruisce un passato ed albero un genealogico su misura, talora vero e talora inventato, come i ridicolissimi falsi nobili che rivaleggiano con i parimenti imbarazzanti nobili falsi, poi pretende di vincere nel presente rappresentando il passato. Invece Blair ha imparato morto dalla Thatcher, divenendone l’erede, e se David Cameron, giovane leader dei conservatori, dovesse vincere le prossime elezioni lo farebbe avendo imparato molto da Blair e divenendone il continuatore. Così la politica si arricchisce del confronto e dello scontro, preparandosi a governare il futuro, non a vendicare il passato.
Non è sempre stato così, in Gran Bretagna, anche lì i partiti sono stati testimoni d’ideologia, anche lì le classi dirigenti tendevano ad invecchiare ma a non passare. Ma lì, come in Francia dopo la morte di Mitterrand, oramai ci si è lasciati alle spalle il passato, si è aperta una storia che non è più la continuazione del dopo seconda guerra mondiale. Da noi no, da noi abbiamo raccontato e ci siamo raccontati talmente tante fegnacce su quel che avvenne ed avveniva in Italia, ci siamo figurati forze e uomini diversi da quelli che avevamo, abbiamo consentito la ripetizione nauseabonda della menzogna palese, abbiamo tollerato il finanziamento politico da parte di nemici della libertà e della democrazia, oltre che da nemici militari, che ancora oggi siamo lì a fare i conti non tanto con il passato falso e raccontato, ma con quello vero e taciuto. Noi stiamo ancora vivendo nell’epoca che altri hanno superato. E non è il caso di domandarsi come mai si rimane indietro.

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