Guai a lasciar intendere che le condotte ruvide, quando non direttamente violente, siano il solo modo per farsi ascoltare. Guai a lasciar supporre che legge e ordine siano negoziabili, perché l’alternativa consiste nell’arbitrio e nella sopraffazione. Occhio a lasciar correre quel che invece non dovrebbe essere tollerato, perché così non si stemperano gli animi e diluisce la rabbia, ma s’aizzano e premiano i maneschi zittendo le persone civili. Vale per ogni tipo di manifestazione, quale che ne sia il colore e il contenuto: chi commette reati è bene sia condotto a risponderne e a subire la punizione. Repressione? Certo: reprimere la violenza è il solo modo per imporre il rispetto dei diritti e dei cittadini per bene.
Tor Sapienza e lo sciopero “sociale”, gli scontri fra manifestati e forze dell’ordine, siano istruttivi. Da una parte c’è il diritto ad esprimere il dissenso e a protestare, anche mediante manifestazioni pubbliche. Dall’altra c’è l’ordine e la legge da far rispettare. L’una cosa non può esistere senza l’altra. Da una parte, però, ci sono problemi noti e disagi crescenti, dall’altra il fatto che si ottiene udienza o provvedimenti solo ove i toni crescono e i gesti s’impongono. E questo è molto pericoloso. E’ sbagliato dire “con i sindacati non trattiamo”, salvo poi riceverli di corsa quando in piazza volano le manganellate, o quando gli scioperanti bloccano l’autostrada. E’ un incentivo a creare disordini. Un modo per togliere spazio a chi condivide la protesta, ma non condivide la violenza. E’ sbagliato far finta che i centri raccolta degli immigrati non regolari (evidentemente non collocati al lavoro e non in grado di mantenersi) possano essere sempre più grandi e sempre scaricati dove abitano gli italiani più disagiati e meno protetti. Come è sbagliato andarli a visitare, portando qualsiasi tesi, solo dopo che scoppiano i tumulti, perché è come dire che la politica e la ribalta mediatica ignorano questi problemi fin quando la lunga, lunghissima miccia non raggiunge l’esplosione di rabbia.
I commenti spesso si concentrano su quanti vanno a fare da “provocatori”. Al punto che finisce con l’essere descritto come un aggressore colui il quale è aggredito. Forse vale la pena ricordare a tutti che servono a un piffero sia le morali che le parolone, occorrendo soluzioni ragionevoli e percorribili. Qui ne abbiamo fatte. Lo sciacallaggio esiste eccome, ma riguarda il “cattivismo” tanto quanto il “buonismo”, che, in ultima analisi, sono soci, reggendosi e alimentandosi a vicenda.
Se lasciamo correre il fatto che nelle manifestazioni si possa esercitarsi nella colluttazione, nel lancio e nell’esplosione, presto consumeremo lo spazio del confronto pacifico. Ed è per questo che porgo a Filippo Taddei tutta la possibile solidarietà. Non ne condivido parte delle tesi (come credo lui faccia con me), ma il suo diritto di parola coincide con il mio e con il diritto di tutti a sentirle. Non va solo protetto, va ascoltato e, se del caso, contraddetto.
Di certe manifestazioni e di certi frangenti violenti abbiamo le foto e i filmati. Esiste l’obbligatorietà dell’azione penale (la abolirei, ma anche in quel caso procederei). Quegli atti sono dei reati. Non si devono fare indagini di mesi, i responsabili siano portati subito davanti alla giustizia. Non serve ipotizzare reati gravissimi, bastano e avanzano quelli che si sono visti. Importa un fico secco che, nel merito, li si consideri dalla parte della ragione o del torto. Importa chiarire, e in fretta, che l’uso della violenza non è solo illecito, non è solo inammissibile, ma colloca direttamente dalla parte del torto. Servirà a far sì che siano isolati, non esaltati.
Pubblicato da Libero