Politica

Legge sballata

Non ha senso chiudere le discoteche, ma neanche rassegnarsi a che siano il tempio dello sballo, anziché del ballo. Non si tratta d’indagare cosa porta un singolo ragazzo a cercare il rintontimento, con i soliti discorsi sulla trasgressione, l’adolescenza e così via andando, fino alle chiacchiere sul tempo andato, che era diverso (tutti i tempi andati sono diversi, tutti i tempi vanno, i giovani ne hanno più davanti e i vecchi dietro, in modo costantemente eguale). Né si tratta di sapere di cosa è effettivamente morto l’ultimo caduto sul fronte delle discoteche, perché il problema è che quei lidi siano diventati fronti, la cui trincea apre in piena notte e chiude che è già giorno. Attraversata da droghe. Non tutti quelli che vanno in discoteca si drogano, ma tutti quelli che vogliono farlo la trovano. Questo è il problema.

Quanti parlano di prevenzione, repressione, controlli e divieti credono di sapere che, in Italia, drogarsi sia proibito. Non solo è consentito, ma lo è anche, di fatto, il piccolo spaccio. Ovvero l’anello della catena popolato da mezze cartucce, però indispensabile a moltiplicare i clienti. Le leggi proibizioniste servono a gonfiare il petto di chi ama vestire i panni del repressore, ma non proibiscono affatto. In compenso, fingendo di farlo, alimentano un dibattito infinito e infinitamente inutile, fornendo pretesti al fronte dei liberazionisti, o legalizzatori, i quali si occupano di sostanze che appartengono alla loro gioventù. Come gli stempiati che mettono i pantaloni rossi e portano le scarpe slacciate. Un modo certo per certificare la propria decrepitezza. Dicono, i libertari nostalgici: il proibizionismo ha fallito. A parte che non è vero, ma: ad avercelo avuto.

Drogarsi, non è un reato. Non è proibito. Avere con sé la droga di cui si fa uso non è un reato. Non è proibito. Il piccolo spacciatore porta con sé mica un carretto, ma una manciata di roba. Se la vende va a prendere l’altra, nascosta altrove. Se lo beccano dice che è per uso personale. Inoltre la chimica cambia continuamente le composizioni, quindi non si sa quelle pasticche in quale tabella stiano. Morale immorale: si può arrestarli, ma dopo qualche ora si ritrovano al lavoro. Come per i venditori di merce contraffatta. Il mercato è troppo ricco e allettante per sperare di smontarlo con il bau bau di arresti lampo e condanne che arrivano, se arrivano, il secolo dopo.

Quindi, delle due l’una: o questa roba si proibisce veramente, oppure ci si rassegna a conviverci. La seconda via è quella fin qui praticata, soprattutto perché non è ancora ben chiaro che quelle pasticche, quelle droghe chimiche, che non comportano un buco nel braccio, ma il più banale deglutire, non è ancora chiaro che non creano dipendenza nel tempo e la tolleranza che porta ad aumentare la dose per avere sempre lo stesso effetto (come l’eroina e la cocaina), quella roba lì presenta il conto subito, arrecando danni irreparabili fin dalla prima volta. Di rado la morte, ma sempre una rinuncia a parte di sé. Si può conviverci? A me pare di no.

Proibire comporta il punire. Mandare in carcere i consumatori non è solo inutile, è dannoso. Aiutarli a smettere, con le comunità, o convincerli che non conviene, con l’affidamento a lavori socialmente utili (ci sono tante strade da spazzare e muri da pulire), può essere più ragionevole. Quando si passa dall’acquirente al venditore, anche piccolo, la punizione sia più severa. Il nostro ordinamento prevede la possibilità di modulare la privazione della libertà. Fino alla galera, in questo caso meritata. Si raccolgono solo relitti umani? Non ci scommetterei, in ogni caso mi parrebbe conveniente chiudere la fabbrica dei relitti.

Andarsela a prendere con i gestori delle discoteche ha un aspetto particolarmente fastidioso: certo che sanno quel che succede nelle loro sale, ma mettere sul conto di alcuni l’ipocrisia di tutti è un modo per sfuggire alle proprie responsabilità. La nostra legge sulla droga, risultato barocco di correzioni continue, è sballata. Non è una buona premessa, se si vuol veramente contrastare lo sballo.

Pubblicato da Libero

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