La Lega (lombarda, nord, o quel che sia) ha sempre avuto caratteristiche e programmi antiunitari, antisistemici e, quindi, eversori dell’ordine costituito. Ciò non toglie che ha avuto, ed ha, anche un significativo consenso popolare ed elettorale. Tale consenso, però, non la legittima e non ne ha eliminate le caratteristiche cromosomicamente eversive. Questo è il dato di fatto politico che si è voluto, da molte parti, ignorare, tacere, occultare. Ma la politica si vendica, si vendica sempre, ed i gattini ciechi divengono bocconi saporiti per i più avveduti predatori.
Ciò che più preoccupa, per essere sinceri, non è che un manipolo di imbecilli abbia assaltato piazza San Marco. Quel che preoccupa è che, fino ad oggi, non abbiamo sentito una sola parola autocritica, pronunciata da quel mondo politico che con il fuoco leghista ha improvvidamente scherzato.
Si sono fatti dei paralleli fra la guasconata veneziana ed il sorgere delle brigate rosse. La cosa va presa con beneficio d’inventario, come tutti i paralleli storici, e con la speranza che non porti sfortuna. In questo caso, del resto, non vi sono “album di famiglia” (come Rossana Rossanda definì la origine comune del terrorismo rosso e del comunismo praticato in parlamento). Non c’è storia abbastanza. Vi è, però, un dato comune, la falsificazione storica : ieri si parlava, anche nei libri di (cattiva) storia, di “resistenza tradita “; oggi sentiamo parlare, fino alla nausea, di autonomismo tradito, di regionalismo tradito, e simili. Allora, sia chiaro, si tratta di due grosse baggianate. Non vi è mai stata alcuna resistenza tradita, e, quindi, non eran legittimi i vendicatori di tale tradimento (con buona pace di alcuni scaffali delle nostre biblioteche, alimentati da propagandisti o da ignoranti); non vi è alcun autonomismo o regionalismo tradito, e, quindi, non vi possono essere coraggiosi vendicatori o patrioti che lo difendano (come, invece, sostiene il prof. Miglio, il quale, è giunta l’ora di dirlo, non è un caposcuola di costituzionalismo, ma solo un curioso personaggio, degno di alimentare le colonne del Vernacoliere).
Mi domando quanti, in Italia, abbiano presente la storia delle regioni a statuto speciale, e quanti siano in grado di valutare il fallimento, autoderminato, di queste esperienze. Lo dico da cittadino che ha vissuto quell’esperienza quando ancora Bossi fingeva di superare gli esami all’università, organizzando poi, come in un film di Pupi Avati, feste per lauree mai conseguite. E mi domando quanti abbiano chiari i conti dei trasferimenti dello Stato, dai quali risulta che certe regioni, o province autonome, del nord hanno potuto disporre di ricchezze “romane” in maniera superiore a quel che erano chiamate a pagare. Pochi, credo.
Eppure, pur di inseguire un certo ribellismo antistatale, una pur giustificata intolleranza verso un sistema fiscale cieco ed esoso, ambedue gli schieramenti politici, chi prima e chi dopo, hanno voluto chiudere gli occhi innanzi a cosa realmente era la Lega. Così come, è bene tenerlo presente, ha chiuso gli occhi gran parte di quel sistema dell’informazione, che spesso reclama una libertà che, però, non riesce a praticare.
E per convenienze politiche, anche i vertici dello Stato, a cominciare dal Quirinale, che oggi sermoneggia, alimentando l’humus della Lega, hanno fatto finta di non vedere. Hanno declamato parole alate sulle autonomie locali, che era come parlare di libertà d’apprendimento a dei somari che non vogliono studiare.
Insomma, quelli di piazza San Marco sono degli scemi, ma con molti padri. Ciascuno ha portato il proprio semino, ciascuno ha fecondato un cretino. Scemi, si, ma non erano particolarmente più acuti di comprendonio quelli che rapivano un capo reparto al fine di promuovere la rivoluzione comunista mondiale. L’ottusità non impedì loro di procurare guai enormi e lutti gravi. Oggi, corrono tutti a prendere le distanze. Ma non serve a niente, ed è pure intellettualmente disonesto, se non si è capaci di fare autocritica. Ciascuno per la propria parte. E, in questo senso, ha ben ragione l’onorevole Filippo Mancuso a ricordare l’increscioso episodio dell’agosto 1995 : quando lui, ministro, avvertì il governo sull’esistenza di ambienti armati nella Lega (che allora sosteneva il democraticissimo governo Dini, contro Berluskaiser), e, dopo avere segretato l’apposito verbale, ci mancò poco che non lo fermassero per rincitrullimento senile e pazzia molesta. Anche su quell’episodio, sarà bene che qualcuno (e non certo Mancuso) faccia autocritica.
Ancora oggi, il terrorismo della famiglia leghista è soffocabile con facilità, ed è soffocabile sul terreno politico. Si continui a mentire; si continuino ad occultare gli errori di ciascuno; si continui ad inseguire l’elettorato leghista allettandolo con slogan simil leghisti; si continui a credere, democristianamente, che la parlamentarizzazione della protesta, che il rientro in Bicamerale, basti ad impastoiare i fanatici e gli esaltati; e ci si ritroverà con un bel mostro da gestire. Quel giorno non serviranno le melasse quirinalesche, non servirà ricordare che fu il Polo il primo alleato di Bossi, non servirà ricordare che fu la sinistra ad accreditarlo come statista. Quel giorno saranno problemi seri.