Politica

Legislatura tafonomica

I cattivi sistemi elettorali generano mostri. Il nostro ne è un’inesausta fucina, da ultimo coinvolgendo un capo del governo non eletto e non eleggibile, che s’è leggermente montiato la testa. Non è un sistema maggioritario, come molti credono di sapere, ma un sistema proporzionale con un premio di maggioranza. Non bastasse quest’obbrobrio, assegna il premio non alla lista che prende più voti, ma al raggruppamento, alla coalizione che si trova in quella condizione. Ciò ha creato due insalsicciamenti, uno a destra (che è fondatore del metodo) e uno a sinistra, che, da diciotto anni, vincono a turno le elezioni salvo dimostrarsi entrambe incapaci di governare. Ora tocca a Mario Monti, che promuove un’iniziativa per smontare il bipolarismo, strutturandola attorno al medesimo totem: liste concorrenti fra di loro, diverse e potenzialmente antagoniste, ma convergenti nell’intento di offrire una ciambella di salvataggio a partiti che non supererebbero la soglia del 4%.

Tre domande. La prima: perché il novello condottiero non ha proposto una lista unica, nel suo eccelso nome, attorno alla quale raccogliere il meglio del meglio dell’offerta umana? Perché in realtà raccoglie personale politico più che collaudato, variamente discusso, con curricula pregni di comprovata incoerenza, sui quali prova una certa vergogna a mettere il nome del casato. La seconda: perché al Senato, invece, fanno la lista unica? Perché il sistema elettorale e diverso, grazie all’opposizione della sinistra, che oggi vorrebbe tanto non aver fatto questa bischerata, e all’appoggio dell’allora presidente della Repubblica, Carlo Azelio Ciampi, sicché il premio si assegna su base regionale e la soglia è più alta. Quindi: o lo sforzo dei montiati sul suo carro è comune, o è inutile. La terza: perché s’industriano con tali trucchetti, visibilmente indebolenti, laddove potrebbero puntare a raccogliere in un solo contenitore la vittoria, buttando a mare i naufraghi altrui? Perché non puntano alla vittoria, non puntano alla maggioranza, puntano ad evitare che la prenda qualcun altro, nella fattispecie la sinistra.

Segnalammo subito che la chiamata di Enrico Bondi a guardiano delle liste era un errore culturale e politico, capace di dare luogo a un Bondellum, se possibile aggravante il Porcellum. Quel che non pensavo è che loro stessi non se ne fossero accorti. Ora sono nei guai, incapaci di conciliare la brancaleonata con la compagnia blasonata.

Intendiamoci, non è che il resto sia entusiasmante, né rimpiangeremo mai il bipolarismo fallimentare e artificiale, indotto più dalla vigliaccheria e dal cinismo che dai programmi e dalle idee. Però Monti sta facendo un filotto d’errori. Ad esempio: è nel suo diritto di candidato (oibò, che ho scritto, non è candidato) polemizzare con gli avversari e, se ritiene, denigrarli. Può anche sfoderare sfottò da ricreazione scolastica. Non fa molto loden e sobrietà, ma passi. Però se si mette a dare dell’estremista e del settario a Renato Brunetta, vale a dire al relatore della legge di stabilità, concordata con la sinistra e con il relatore del Pd, Pier Paolo Baretta, legge su cui lui ha messo la fiducia, appena un mese addietro, non è che renda un gran servigio alla civiltà della propaganda e alla vivibilità della prossima legislatura.

Alcuni ottimi opinionisti guardano con un certo schifio alle agende e ai proclami montiani, ma ne apprezzano fortemente la volontà di demolire il bipolarismo. La demolizione in sé, per la verità, non ha nulla di buono, ma capisco. Le macerie sulle quali ci troviamo, del resto, non autorizzano rimpianti. Però spero abbiano influenza abbastanza per segnalare al novello antibipolarista (noi siamo veterani) che nelle note programmatiche da lui vergate, o da lui avallate, c’è scritto che si devono fare le riforme, ma non quali e non come. Né per lo schema istituzionale né per la riforma del sistema elettorale. C’è roba generica, con venature antipartitiche e cedimenti alla famiglia degli ortotteri. Poi nulla.

Può darsi che rimedino, speriamo. Intanto ciò dovrebbe servire, alle forze politiche fin qui capaci di raccogliere la gran parte dei voti, per capire che se non s’affrettano a trovare un terreno comune per le riforme costituzionali saranno consumate dalla loro stessa insipienza. Sicché la prossima legislatura sarà quella della tafonomia. Lascio al vocabolario la gioia di spiegare. Ma credo abbiate capito.

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