Politica

L’errore e la frontiera

Il governo tedesco ha commesso un errore grave, sui profughi siriani. Lo segnalammo subito, quando ancora i commenti scivolavano sul sentimentale, sulla bontà d’animo di Angela Merkel e sulla sua visione da statista. La Germania ha solo frontiere interne all’Unione europea e all’area Shengen, sospendere unilateralmente e temporaneamente il trattato di Dublino, aprire e chiudere le frontiere a intermittenza, per i soli profughi siriani, era un azzardo destinato a produrre tragedie. Così è stato. Ora si sta commettendo il secondo errore, da parte degli altri, quindi anche nostra: supporre che quella sia una faccenda interna alla Germania. Deve essere, invece, l’occasione per far nascere una vera politica comune. Non tanto e non solo dell’immigrazione, ma delle frontiere.

Questo è un tema sul quale balla il futuro dell’Unione, per molti aspetti più di quanto non abbia ballato e non balli sul fronte economico e monetario. Sarebbe deprimente se l’Italia, uno dei Paesi più esposti, si considerasse soddisfatta dal ricevere uno 0.2% in più di deficit. Obiettivo misero. A tacere del fatto che poi quel deficit diventa debito e tocca pagarlo.

Merkel ha sottovalutato la complessità e grandezza del problema. Pensava di cavarsela portando dentro un buon numero di siriani. Chiudendola lì dopo avere fatto bella figura e un affare. Invece ha scatenato l’inferno, perché le sue parole hanno aumentato la speranza d’essere accolti, mentre la sospensione di Dublino ha aumentato le possibilità che fra i profughi siriani s’infilassero altri soggetti. Non meno disperati e bisognosi, sicché si sarebbe dovuto poi discriminarli usando criteri davvero difficili da definirsi. Per non dire degli infiltrati d’altro genere. Ennesima dimostrazione che questa materia non consente speculazioni, né buoniste né cattiviste. Occorre realismo e diritto. Merkel ha anche sottovalutato la reazione interna alla Germania, scoprendo quanto è difficile governare le paure popolari. Fondate, anche quando artatamente gonfiate. Ad un certo punto, in difficoltà crescente, ha proposto la soluzione che da anni proponiamo, ma solo in chiave tedesca: aree di raccolta e selezione. Ma neanche questo può funzionare, perché per arrivare alla frontiera tedesca devi già essere dentro l’Ue. Quindi si scarica su altri un peso già enorme, reso ancora meno gestibile dall’errore tedesco.

I nostri errori ce li mettono in conto e li fanno pesare. Molti lo considerano ingiusto, a me è sempre parso normale (non lo è usarli per prendersi vantaggi indebiti, come capitò con la redistribuzione del debito greco). Ora l’errore è tedesco, sarebbe da stolti non farlo pesare. Le cose da proporsi sono due: a. ripresa dell’idea, evidentemente condivisa dai tedeschi, delle aree dedicate, ma non più intestandole a questo o quel Paese, bensì all’Ue; b. non si tratta solo di dividere la spesa, consentendone una maggiore a chi è più direttamente colpito dall’ondata d’immigrati (doppia fregatura), ma di condividere la gestione, a cominciare dal titolo giuridico: non si entra in Italia o in Ungheria, si entra in Ue, sicché non è un problema frontaliero italiano o ungherese, ma europeo. Una rivoluzione i cui effetti benefici sono notevoli, tanto sul fronte pratico che su quello istituzionale, mentre le implicazioni negative sono legate solo alla perdita di peso delle burocrazie e giurisdizioni nazionali. Che, tutto sommato, sono altri due effetti positivi.

Nessuno dei nostri Paesi può negare l’accoglienza dei profughi, se non perdendo civiltà. Nessuno può tradurre l’accoglienza in frontiere aperte a tutti. Per ragioni politiche, civili ed economiche. Ciò significa che non esiste politica dell’accoglienza che non sia anche politica del respingimento. Il punto d’equilibrio non è fissabile in modo certo e permanente, ma si può stabilire a chi tocchi farlo: a una politica europea che sia dell’Unione e non sfilacciamento intergovernativo. Gli errori sarebbe meglio evitarli, ma quando capitano l’importante è rimediare migliorando. L’errore tedesco è un’occasione. Sprecarla sarebbe un orrore.

Pubblicato da Libero

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