Politica

L’euro ed i commercianti

C’è una possibilità, anche solo una possibilità, che si torni indietro nella scelta dell’euro, che torni ad essere coniata la lira? No, assolutamente no. L’euro è stata una scelta negativa? Nemmeno.

Quel che non va, nell’euro, non è il troppo d’Europa che ci si trova, ma il troppo poco. Una moneta non può non essere l’espressione di un’entità istituzionalmente e politicamente definita, e l’Unione Europea lo è troppo poco. Il che, però, significa che si deve andare avanti, non tornare indietro.
Per questi motivi non credo sia saggio che il governo tenda a scaricare sull’euro le colpe di un malessere diffuso, anche perché, in quelle stanze, i ministri in carica abitano già da un tempo sufficiente all’essere pur responsabili di qualche cosa.
Gli italiani sanno bene di non vivere in una specie d’inferno della fame e della disperazione: continuano a spendere per il tempo libero, crescono gli investimenti in viaggi, i centri commerciali difettano, semmai, per sovraffollamento e, insomma, le persone normali hanno più di un termometro per misurare la vita in un paese ove vige il benessere. Al tempo stesso, gli italiani sanno bene che l’inflazione non è neanche parente di quella ufficializzata dall’Istat, si sono anche abituati ad una specie di masochismo del cambio: un euro che si trova nel mio conto in banca devo considerarlo pari a duemila lire, ma quando lo spendo ne vale solo mille.
Prendersela con i commercianti forse può essere popolare (e dico forse), ma non significa nulla. Un fenomeno così diffuso, così capillare, così presente in ogni zona ed in ogni settore commerciale, presuppone o che i commercianti siano una genia mutante, o che il ragionamento sia sbagliato alla radice. Ci sono commercianti che ne approfittano, che barano, ma non sono un fenomeno di massa. Prendete l’esempio dei Taxi: le tariffe sono amministrate, regolate da un tassametro e si paga quel che c’è scritto, non di meno sono praticamente raddoppiate.
Il punto debole è la politica. Gli italiani che vanno alle Maldive, ma poi devono fare i conti con il mutuo, sono gente normale, che continua a lavorare, che risparmia sempre meno, ma che comincia ad avere paura perché nessuno si preoccupa di parlare loro del futuro. Si sentono, in giro, solo buontemponi del tipo “tutto va bene madama la marchesa”; od esperti dell’horror, secondo i quali siamo già morti e non ce ne siamo accorti. Ma la politica è cosa diversa. Si deve essere capaci di parlare del futuro, e di farlo partendo da una rappresentazione del presente che sia credibile e coerente con la vita che ciascuno conosce.
Se il futuro s’annebbia, allora scatta la paura. E la paura fa fare errori colossali. Se, il cielo non voglia, in questa spirale si dovesse cadere, stia sicuro, il governo, che delle colpe di Prodi non fregherebbe niente a nessuno.

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