L’Europa s’è fermata a Dublino, e forse è bene che non riparta troppo in fretta. Lo dico da europeista: i fallimenti sono tanti, l’impopolarità grande, il verticismo intollerabile. Che gli irlandesi sono solo l’1% degli europei lo scrivevo prima del referendum, e per sottolineare quanto scombiccherato sia il percorso istituzionale, ma non è ragione sufficiente per fare spallucce, giacché l’Unione era già stata bocciata da francesi e spagnoli. Proviamo a votare tutti e la tumuliamo per sempre.
I padri fondatori la pensarono durante la seconda guerra mondiale e l’Europa che conosciamo è, difatti, un’oasi di pace e benessere. Un capitolo inedito della storia continentale. Si sognò di costruirla per via istituzionale, ma poi s’imboccò la strada dell’integrazione economica, che avrebbe dovuto innescare quella politica. Fu così che l’Europa divenne mercato, e sede di mercanteggiamento, la Commissione ed i Consigli dei Ministri un luogo dove bilanciare interessi, spesso risolvendo i contrasti interni con protezionismo verso l’esterno (si veda la politica agricola). E’ stata poco Europa dei cittadini e molto delle lobbies. L’inesistente identità politica è stata compensata con una burocrazia di feroce astrusità, autoalimentata dai finanziamenti nazionali e dalla costruzione di un linguaggio incomprensibile, fra procedure marziane. Il Parlamento non conta un accidente, e, del resto, ciascuno lo elegge come gli pare, solitamente mandandoci quelli che non trovano posto fra i seggi nazionali.
Il gigante economico ospita cittadini che hanno paura dell’immigrazione, fino al mitico idraulico polacco che ha terrorizzato i francesi (tranne quelli con il rubinetto rotto, spaventati dal non trovarlo). La fortissima moneta unica non difende dall’aumento del prezzo, in dollari, del petrolio. L’Europa, dunque, è bocciata per ciò che poco dipende la lei. Ma è anche vero che non esiste laddove avrebbe il dovere di essere unita, nella politica estera, dall’Afghanistan all’Iran, che è alle porte di casa.
Andare avanti per tentativi è suicida. Basta. E’ divenuta troppo larga per essere vera, mentre defezionano i fondatori. Altiero Spinelli parlava di geometria variabile: un nucleo ad alta integrazione istituzionale ed aree di scambio che lo circondano. Può essere un punto di ripartenza.