Politica

Liberiamoci della Rai

Chi è contrario alla lottizzazione Rai, alla presenza dei partiti in redazione, all’influenza politica sulle singole trasmissioni è favorevole alla privatizzazione. Chi è contrario alla privatizzazione Rai ne ama l’andazzo spartitorio, che non è tale solo quando la maggioranza è di centro destra, per divenire pluralismo virtuoso e policromatico quando è la sinistra a menar la danza.
Basta, invece, che il presidente del Cosiglio, fondatore e proprietario di tre reti televisive, manifesti il suo disappunto per la faziosità di certe trasmissioni pubbliche, che subito parte la gara forsennata alla stupidaggine luogocomunista, con invidiabile profondità di pensiero: non ci sono più le mezze stagioni; quel che da fastidio non è il caldo, ma l’umidità; la cultura umanistica fornisce una preparazione superiore; i sapori non sono più quelli di una volta; la libertà dei giornalisti è una garanzia per la democrazia. Roba che sa di polvere, ed ancor prima di falso. La cosa scandalosa, tanto per dirla nuda e cruda, non è che della Rai si lamenti Berlusconi, ma che la sopportino tutti gli altri cittadini, cui tocca pure pagarla.
La lottizzazione nasce con la Rai stessa, ed è stata a lungo amministrata dal fanfaniano Ettore Bernabei. C’era il monopolio, gli spazi editoriali erano limitati, valeva ancora il lingiaggio paludato e da parrocchia, che imponeva di dare la notizia della legge Merlin senza mai dire cosa diavolo stesse chiudendo: il bordello. Nulla a che vedere con quel che successe dal 1985. Quell’anno, dopo lunga e travagliata gravidanza, vide la luce la conversione di un decreto che fu denominato “Berlusconi”, perché con quello Craxi imponeva la riapertura di emittenti televisive pazzescamente chiuse da dei pretori (che si chiamavano “d’assalto”, tanto per dare l’idea). Ma il decreto era, nelle sue successive riscritture, divenuto anche “Agnes”, perché consegnava nelle mani dell’avellinese demitiano, esponente della sinistra democristiana, il potere assoluto sulle tre reti della televisione di Stato. Da quel momento la lottizzazione assunse caratteri frenetici, ed il marchio dei promossi era impareggiabilmente a favore delle varie sinistre italiane. Alcuni di loro, del resto, per non lasciare dubbi, si sono poi candidati nelle liste del partito sinistro, passato attraverso le sue varie denominazioni. La lottizzazione agnesiana aveva un solo scopo: distruggere Berlusconi. Il programma era riassunto in una frase fulminea: “chilo ha da murì”. In fondo Agnes è il vero ideologo della sinistra contemporanea: democristiana, antiberlusconiana e perdente. Gli offrano la presidenza, almeno.
Da quel momento ci siamo sorbiti una montagna di oltraggiose cavolate, a difesa dei lottizzati, gridate per impedire che anche solo si criticassero gli arruffapopolo catodici. Ci sono state intere serie di trasmissini di una faziosità e falsità disgustose, si è giunti a propugnare, in diretta, eliminazioni personali cui sono succeduti, effettivamente, omicidi e suicidi. Ma tutto questo andava sotto il falso nome di “libertà”. E chi si ostinava a non star zitto, chi puntava l’indice contro questa violenza propagandistica, contro questo stupro della libertà, veniva messo a tacere con il solito giochetto per bambini scemi, prima ancora che disonesti: lo dici perché sei berlusconiano. Ma quando mai! Da questo stato di cose Berlusconi ha tratto grandi guadagni, perché è vero che Agnes lo voleva cancellare, ma, non riuscendoci, gli regalò il duopolio. Rafforzato, poi, non dalla prima legge di sistema (come i beoti ignoranti continuano a ripetere), ma dalla sua non applicazione, reclamata a gran voce da una sinistra confusa e corrotta. La stessa sinistra che, poi, fece essa delle leggi utili a smontare quel che di buono si era stabilito.
Siamo noi, pertanto, che vogliamo essere liberati, da questo enorme carrozzone, costosissimo ed incapace di produrre sana informazione. Siamo noi che vogliamo essere liberati dall’obbligo di finanziarlo e dall’omertà che circonda questo brutto affare. Da queste colonne ho denunciato, e continuo a farlo, il modo estorsivo ed illegale con cui la Rai, per giunta su carta intestata dello Stato, pretende il pagamento di somme che non sono dovute (mi riferisco, in particolare, alla pretesa di avere due canoni da coniugi residenti in case diverse). Molti lettori mi hanno scritto, dicendomi di essere in quella condizione e di non riuscire a liberarsi da un esattore che, in realtà, è, appunto, un estortore. Ma mi hanno scritto i lettori, non ha mai risposto la Rai, non ha mai risposto l’Agenzia delle entrate, non ha mai preso la parola uno dei tanti pensatori a contratto, la cui coscienza s’allerta solo se ad essere minacciati sono i compagnucci lottizzati. E questo è uno degli effetti distorsivi e adulteranti del permanere in vita di quel caravanserraglio.
La si venda, la si smembri, se ne faccia cassa. Non ha più nessuna utile funzione, non serve a salvare la democrazia, anzi, ne è una delle malattie. Naturalmente non si farà, lo so benissimo. So anche, quindi, che ascolteremo ancora questo dialogo fra matti: uno si lamenta della faziosità e l’altro risponde che si tratta di libertà. L’uno merita l’altro, anzi, per essere più precisi, ciascuno campa grazie all’altro.

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