Mi danno fastidio le considerazioni qualunquiste su quanto guadagnano i parlamentari, ma mi accorgo che fanno presa, tanto è vero che in un ramo del Parlamento hanno voluto ridursi l’emolumento e ci hanno tenuto a farlo sapere.
Mi infastidisce, però, anche il giuoco delle tre carte e segnalo che la spesa complessiva per emolumenti è comunque cresciuta, dato che allo “stipendio” vero e proprio si devono sommare una serie di altre entrate, che sono aumentate. Mi da fastidio chi solletica la rivolta per i costi della politica, ma mi sta sul gozzo anche l’ipocrisia di un mondo politico che sul tacere è unanime, ed è stato capace di far crescere a dismisura le spese parlamentari, senza che nessuno abbia fatto opposizione, da nessuna parte.
In Italia il Parlamento è uno solo, composto da due rami. Se una serie di costi fissi tenessero conto di tale unicità, si dimezzerebbe la spesa. A leggere quel che il Corriere della Sera documenta, usando dati della Ragioneria generale dello Stato, si sente brontolare lo stomaco. Ad esempio: in virtù di quale nobiliare privilegio lo stipendio medio dei dipendenti parlamentari è di 112.071 euro alla Camera e 115.419 al Senato, essendo cresciuti, in sei anni, del 12,1 il primo e del 9,7 per cento il secondo? Gli altri lavoratori italiani se li sognano, sia gli incrementi che le medie. E come può il Parlamento legiferare in materia di pensioni quando i vitalizi parlamentari hanno oramai superato, in valore assoluto, il costo dei parlamentari attualmente operanti? E’ esattamente questo lo sfacelo che si dovrebbe evitare. E non sa tanto di presa per le chiappe la ricorrente intenzione di limitare le “auto blu”, quando, invece, i costi di noleggio salgono, alla Camera, del 357 per cento in sei anni? E le auto noleggiate servono a scarrozzare persone che poi comprenderanno con difficoltà i problemi dei servizi pubblici e tenderanno a considerare non enorme, anzi, una conquista, la cifra di 40 euro per andare all’aeroporto romano, che i mortali pagano ad un tassista cui è stata imposta la tariffa in cambio della non apertura del mercato alla concorrenza (quindi alla possibilità di farla calare, la tariffa). E dato che i parlamentari pagano tariffe personalizzate anche per gli aerei non sapranno mai che con 40 euro arrivi a Fiumicino, e da qui, con meno, vai a Londra.
Ma quello che mi fa arrabbiare è la biblioteca. Lo sanno tutti quelli che nella vita non hanno la vocazione di Lucignolo che una biblioteca grande è migliore di due piccole: ci si trovano più libri, c’è uno schedario meglio organizzato, ci sono impiegati capaci di maggiori connessioni interdisciplinari. Ma al Parlamento no, qui di biblioteche se ne tengono due. Separate da una porta. Da una misera e deprecabile porta, ai lati della quale i costi raddoppiano. Abbattetela, santo cielo, quella porta, e se proprio non si riesce ad essere d’esempio per un Paese cui s’impongono maggiori tasse, almeno non si sia di cattivo esempio per chi crede che la conoscenza non sia lo studio dei corpi solidi e puntuti.