Politica

l’inganno siculo

Gli italiani andranno a votare la primavera dell’anno prossimo, perché ogni anticipo (pur desiderato dai partiti ed esplicitamente chiesto dal Pd e dall’Udc) è negato da Giorgio Napolitano. La Costituzione assegna al presidente della Repubblica il potere di scioglimento delle Camere, egli sta esercitando un potere diverso: quello della sua negazione. I siciliani, al contrario, andranno a votare anticipatamente, alla fine di ottobre, secondo quanto promette il presidente della regione, Raffaele Lombardo, che ha annunciato le proprie dimissioni proprio in questi giorni, per la fine di giugno. E’ questione di ore. Non so se manterrà la parola, so che votare anticipatamente è contro gli interessi della Sicilia e dei siciliani.

Lombardo dice che separare le elezioni siciliane da quelle dell’Italia intera serve a evitare che le alleanze sicule cozzino con quelle italiche. Già solo questo giustifica la più dura opposizione a tale disegno: basta con l’idea che le faccende isolane abbiano qualche cosa di speciale, di particolare, di non assimilabile al resto. Anche perché quando questo capita, e capita troppo spesso, significa che la loro qualità e men che infima. La verità è che interrompendo anticipatamente la legislatura Lombardo regala ai partiti venti posti in più di consigliere regionale, visto che il procedimento legislativo per ridurli da 90 a 70 è in corso e che, in questo modo, abortirebbe. La questione, francamente, non mi appassiona più di tanto, perché qualità e quantità non sono sinonimi, e la Sicilia ha bisogno di una classe dirigente vera, seria e forte, ma è il segno che nulla cambia. Neanche quello che, propagandisticamente, era stato dato per acquisito e fatto.

Condannando i siciliani all’immutabilità Lombardo cerca di solleticarli carezzando il loro senso di unicità e superiorità: siamo diversi, non c’è ragione che da noi si faccia quel che si fa altrove. Pessima strada. Propongo di ribaltarla: facciamo in Sicilia quel che non si è capaci di fare altrove. In molti attendono che le novità elettorali siano partorite dal nord, fiscalmente tartassato e produttivamente indebolito, quindi dalla rabbia per quel che governo e Parlamento hanno fatto per sgambettare l’Italia che corre. Proviamo a immaginare il contrario, che il nuovo possa venire dal sud, da questa Sicilia, umiliata e offesa, la cui società civile è stata azzerata, la cui realtà produttiva è stata violentata e si preferisce che l’intera economia sia intermediata dai professionisti della politica, dai geni della specialità. Proviamo a dire: basta.

La sinistra siciliana è stata dilaniata dagli interessi e corrotta dalla loro amministrazione. E’ spappolata. La destra è scomparsa, il Pdl praticamente impresentabile, o non pervenuto, come nelle elezioni palermitane. I fenomeni di protesta si contendono lo spazio con l’orlandismo, a sua volta vincente e a sua volta conferma che non cambia nulla, in questa terra disperata e disperante. Possibile che tutto sia stato raso al suolo? Eppure la Sicilia è una potenza economica, una realtà produttiva, una terra di mezzo fra civiltà diverse, ha un posizionamento fenomenale, ha una popolazione orgogliosa. Liberate tutto questo dall’assistenzialismo clientelare, dalla spesa pubblica corruttiva, dalla delinquenza organizzata, dalla cultura della diversità, e da una classe politica inguardabile e vi troverete davanti un gioiello, un luogo da cui l’Italia può prendere esempio, circa la possibilità di lasciarsi alle spalle un passato non ammirevole.

La Sicilia è metafora dell’Italia, quel che serve all’Italia serve alla Sicilia, quel che può vincere in Sicilia (compreso il convincere l’opinione pubblica che la spesa pubblica è il problema, non la soluzione del problema) può salvare l’Italia. Come vedete non ho neanche citato il fatto che il precedente presidente della regione (Udc) è in galera per mafia, mentre l’attuale (Mpa) per mafia è indagato. Non serve, non conta, è il meno. I disonorati organizzati meritano una sola cosa, la repressione. Il problema è liberare l’amministrazione e le assemblee elettive dagli incapaci, dai cinici, dall’eterno ripetersi del sempre uguale.

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