Politica

L’inutile ovvio

Il rischio che si corre è che la difesa delle istituzioni porti al loro commissariamento, anticamera della demolizione. Il rischio opposto è che la difesa della legislatura porti all’immobilismo, anticamera della decomposizione. Non si deve confondere il realismo politico con il tatticismo, cosa che, invece, accade in questi giorni.
Giorgio Napolitano ed Emma Marcegaglia, naturalmente, hanno funzioni e responsabilità assai diverse. Eppure, in due interviste, hanno espresso il medesimo concetto: le difficoltà economiche, la lentezza e fiacchezza della ripresa, dovrebbero suggerire impegno nelle riforme e fermezza di governo, che sono l’esatto opposto di polemiche durissime, scambi d’accuse pesanti e ipotesi d’elezioni anticipate. E’ vero. Anzi, con tutto il rispetto: è ovvio. A Sergio Romano è stata affidata, ieri, la prosecuzione della riflessione avviata dal Corriere della Sera, tutta protesa a sostenere che occorrerebbe coesione politica e non scandalismo e risse continue. Gli elettori d’ambo le parti, ha scritto Romano, desiderano un governo autorevole e un’opposizione che si prepari a sostituirlo. E’ vero, ma anche ovvio. Il quadro politico che ci troviamo a commentare non è affatto esaltante, ma questo non è un buon motivo per trasformarci tutti in tanti Catalano, il trombettiere della banda Arbore specializzato in affermazioni scontate. Si può fare di meglio, ragionando sulle cause di quel che accade.
La crisi della maggioranza è un fatto, con il quale fare i conti. Che significa invitare alla coesione: sollecitare Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini a rimettersi insieme? Non ci crede nessuno. Semmai, alla luce delle accuse che si sono scambiati, è incredibile, e per certi aspetti riprovevole, che lo siano stati fin qui. Se la rottura ha i numeri visti in occasione della mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo, il governo non ha più la maggioranza alla Camera. Se anche qualche finiano ci ripensasse, richiamato da sollecitazioni che faremmo fatica a definire “ideali”, se anche i centristi (come hanno già fatto) portassero qualche loro voto in aiuto del governo, comunque sarebbe una situazione precaria. Marcegaglia sarebbe disposta a scommettere un tallero che, in queste condizioni, il governo sarebbe in grado di fare almeno uno spicchio di quel che è necessario? Io no, anzi, temo che quel tipo di condizione politica prelude al peggio. E’ ovvio che le elezioni anticipate non sono una soluzione in sé, ma è anche evidente che evitarle per protrarre l’agonia non fa che peggiorare le cose.
Il Presidente della Repubblica, rilasciando un’intervista a quello che fu il quotidiano del partito comunista, il suo partito, afferma, giustamente, che in caso di crisi tocca a lui dare le carte. “Compirò in tal caso tutti i passi che la Costituzione e la prassi ad essa ispiratasi chiaramente dettano”. Che significa? Nella Costituzione c’è scritto che il Presidente, svolte le consultazioni, assegna l’incarico di formare il governo a chi ritiene possa avere la maggioranza dei voti parlamentari. Se nessuno è in queste condizioni, scioglie il Parlamento e proclama le elezioni. Anzi, per essere precisi, avendo commesso il peccato di gioventù di leggerla, la Costituzione, c’è scritto che se la maggioranza manca in una sola Aula il Presidente può sciogliere solo quella. Sarebbe come dire che, oggi, dovrebbe sciogliere solo la Camera. Impensabile, perché fuori dalla prassi (non dalla lettera). E’ altrettanto impensabile, però, che si ricorra ad un trucco, suggerito dalla prassi (e non dalla lettera della Costituzione), consistente nel far giurare un governo che si sa già sprovvisto di maggioranza, al solo scopo di mandare a casa il precedente. Lo si faceva, nella prima Repubblica, ma avendo alle spalle una condivisione istituzionale oggi sconosciuta. Se lo si facesse, oggi, equivarrebbe ad un commissariamento ordinato contro la volontà della maggioranza degli elettori (manifestata alle politiche, confermata alle europee e ribadita alle regionali). Sarebbe un gioco assai pericoloso.
L’origine di questi mali è nella nascita illegittima della seconda Repubblica, nelle successive modifiche del sistema elettorale (che, al di là delle chiacchiere e delle ipocrisie, piace alle segreterie dei partiti, cui consegna il potere di determinare gli eletti) senza cambio d’assetto costituzionale. Facendo finta d’essere in un sistema presidenziale, bipolare e maggioritario, senza che sia vera neanche una di queste cose, s’è finito con il simulare l’illusione, facendo nascere coalizioni che puntualmente si sfasciano. A destra e a sinistra.
Da questa roba non se ne tirano fuori le gambe con le furbizie tattiche e le cattiverie procedurali, perché servono riforme costituzionali. Oggi impensabili. Le elezioni anticipate non sono la soluzione, ma sono pur sempre meglio che marcire nell’immobilismo rissoso. Piuttosto, ciascuno s’assuma le proprie responsabilità, ciascuno la smetta di giocare solo per sé e impari a usare il linguaggio della realtà, perché reclamare il sangue dalle rape è inutile e divenire sindacalisti dell’ovvio è deprimente.

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