Politica

L’Iraq e la politica

Avevamo visto giusto, nel segnalare il senso e l’importanza delle parole pronunciate da Francesco Rutelli, ed hanno fatto male quanti, alla ricerca perpetua della polemica, si sono limitati a mettere in evidenza la policromia dell’odierno Ulivo.All’interno di quella coalizione esistono differenze drammatiche, ed anche visibili incompatibilità, ma quel che serve è, da una parte e dall’altra, far crescere lo spirito di responsabilità.

Dopo Rutelli è stato Prodi, leader politico ed elettorale della coalizione, a prendere le distanze da quanti, nella sinistra, chiedono il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq. Ed hanno così trovato coraggio i Giuliano Amato, che ha condannato senza mezzi termini un’eventuale “mozione per il ritiro” ed i Giovanni Sartori, secondo il quale non si deve ripetere “il grave errore di un ritiro alla Zapatero”. Segno che il seme della politica è entrato nelle zolle di un terreno solitamente martoriato dalle marce propagandiste ed inconcludenti.

Questo è un bene per la sinistra, che mostra il suo volto compatibile con il governo di una democrazia occidentale, ed è un bene per l’Italia, che vede una battaglia politica condotta con le armi del buon senso.

Un effetto si è visto anche sul lato governativo, con l’appello, finalmente giunto, alla compostezza ed al silenzio nella gestione della complicata vicenda degli ostaggi. Noi lo ripetevamo da giorni: un governo serio non annuncia trattative, non formula speranze, ma riafferma le ragioni della propria politica ed affida alla riservatezza il tentativo di salvare delle vite. Fortunatamente si è giunti a questo: Berlusconi ha riaffermato le ragioni della nostra presenza in Iraq, ed ha invitato al silenzio sugli ostaggi.

Ora, però, si badi bene. Il silenzio dovrà essere, prima di tutto, quello dei governanti. La stampa continuerà, ovviamente, a pubblicare le notizie. Buone o cattive. Magari sarà bene insorga un pizzico di vergogna per le speculazioni sulle famiglie degli ostaggi, magari non le s’indurrà oltre nella tentazione di un’imbarazzante sovraesposizione. Ma, per il resto, l’informazione rimane libera, qui come negli Stati Uniti. Giacché questo è il nostro codice genetico, questo è quello che ci rende forti innanzi alla barbarie cieca ed ignorante dei fanatismi religiosi.

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