Politica

Logorio istituzionale

Ci piacerebbe pensare che la legislatura possa ancora riprendere il suo corso naturale, accompagnando la stabilità governativa con un’efficace azione riformatrice. Ma vediamo che molti protagonisti, della politica e della scena pubblica, sottovalutano il logoramento del tessuto istituzionale, con i rischi che questo comporta. La crisi economica, con la ripresa ancora gracile ed ai primi passi, meriterebbe il concentrarsi di tutti su quel che serve per rimettere in cammino il Paese. Ma non è così che vanno le cose, e, ancora una volta, stiamo ripiombando nell’incubo dell’azione giudiziaria che detta i ritmi dell’agenda politica. E’ possibile, ancora una volta, perché la gran parte degli equilibri istituzionali è saltata. Ed è possibile anche perché una maggioranza assai ampia non ha iniziato la legislatura con il piglio sicuro e deciso di chi sta scrivendo una nuova pagina.
L’Italia si dibatte in un’agonia che dura dal 1992-1994. La prima Repubblica è morta, per responsabilità dei suoi protagonisti e per la mattanza giustizialista cui fu sottoposta. La seconda, però, non è mai nata, perché le nuove forze politiche (si pensi che, oggi, la Lega è il più vecchio partito sulla scena), le nuove leggi elettorali, due volte cambiare e diverse aggiustate, si sono imbozzolate dentro il corpo costituzionale del sistema che era caduto. Nessuno è stato capace d’innovare, con il risultato che il passato non passa mai ed il futuro non arriva mai. Potrebbe essere la sceneggiatura di un film horror-politico, è il copione cui si attengono tanti personaggi in cerca d’autore.
Al Quirinale siede un politico di lungo corso e vasta esperienza, purtroppo maturata in un partito, quello comunista, che non ha mai governato ed è stato bene che non lo abbia fatto. Quel professionista cerca d’essere l’auriga di una carrozza impazzita, i cui cavalli non gli riconoscono altro che il rispetto dovuto al Presidente della Repubblica. Nulla di più. Egli può chiedere quanto vuole alla magistratura di tacere e non farsi protagonista della politica, ma è nella logica delle cose, è nella storia della mai nata seconda Repubblica, che avverrà il contrario. Come, del resto, già avviene sotto i nostri occhi.
In quanto a Silvio Berlusconi, a dispetto della forza elettorale e politica con cui ha aperto la legislatura e varato il suo attuale governo, le spinte centrifughe di una coalizione che resta disomogenea, nonostante i proclami sul “partito unico”, sommate all’immobilismo riformista cui s’è rassegnato, e alle dinamiche irragionevoli dell’interazione con la giustizia, è finito, ancora una volta, con le spalle al muro. Può uscirne riprendendo con forza l’azione di governo, o chiarendo che ciò non è più possibile e, pertanto, la legislatura ha abortito il suo compito.
Ci sono due cose che, comunque, nuocerebbero gravemente alla salute istituzionale e civile del Paese: la prima è che la partita politica si risolva per via giudiziaria, la seconda è che le cose si trascinino per rassegnazione ed assenza di alternative. In tutti e due i casi, ancora una volta, sarebbe il passato a dominare il presente, soffocando ogni possibile futuro.

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