Politica

L’ordine dell’illegalità

Non mi fanno paura gli scontri di Rosarno, temo di più la pace di Rosarno. Non inquieta una criminalità organizzata che semina il disordine praticando il crimine, perché questo è nella logica delle cose, terrorizza una ‘ndrangheta garante dell’ordine, per propiziare il medesimo crimine. Non m’impensierisce un tessuto sociale che, magari sbagliando, reagisce, mi preoccupa quando giace e s’assopisce. E non m’indigna un Osservatore Romano che definisce razzisti gli italiani, perché tanto, e non solo oltre Tevere, vale il principio di libera scempiaggine in libero straparlare, ma quando vedo il ministro degli interni leghista che indossa i panni del tutore dell’ordine nazionale, e che dice due cose che noi, meridionali e figli del meridionalismo democratico, abbiamo ripetuto inascoltati, ovvero che non si può tollerare la violazione della legge e che gli aiuti economici sono fonte di corruzione e non di sviluppo, allora avverto un senso di vertigine.
Le arance di Rosarno, come tutte quelle del nostro meridione, sono fuori mercato. Puoi anche metterci i neri schiavizzati, a raccoglierle, ma costeranno sempre di più di quelle importate dal Sud America o dalla Cina. Con una differenza: le seconde non sanno di niente. Puntare alla qualità, non solo del prodotto che cresce sugli alberi, ma anche a quello lavorato, come il succo, sarebbe dovuta essere la via maestra. Vale la stessa cosa per altri settori. Il nostro Meridione, invece s’è specializzato nella truffa e nel campare di sussidi. A chi volete che freghi qualche cosa vendere le arance, se i sussidi europei arrivavano per quintale prodotto e se era possibile imbrogliare sulla produzione? E a chi volete che interessi oggi, se 1500 euro arrivano per ogni ettaro, senza neanche volere sapere cosa cavolo ci fai? Non ci si campa, con quei soldi. E’ vero, ma in famiglia c’è il proprietario che prende i sussidi, la raccoglitrice d’olive e il coltivatore che non hanno mai visto un albero o una zolla, ma prendono i sussidi perché non occupati, c’è il cugino che fa la guardia forestale, e lavora solo quando si tratta di dare fuoco ai boschi, in modo da rinnovare il contratto a termine, poi c’è l’infermiere, con il figlio medico, la maestra, con la figlia dottoressa, e tutti insieme fanno una bella somma di contributi pubblici e lavori fatti in nero. Ed ecco spiegato il miracolo: la terra con il più basso reddito pro capite d’Italia è piena zeppa di neri al servizio del raccolto.
Ma, attenti, mica è un sistema che hanno inventato loro, è il frutto di un accordo non scritto, di un equilibrio non dichiarato, che ha gradualmente trasformato il Mezzogiorno in un regno di sussidiati, in cambio di consensi agli elargitori. S’è praticata un’anestesia sociale che ancora dura, con i giovani disoccupati che non mancano di consumare il rito serale dell’happy hour. Ascoltate le parole di Florindo Rubbettino, presidente dei giovani industriali calabresi, sentite l’orgoglio di chi sa che quella può essere terra ricca e civile, ma che va liberata dagli aiuti diretti a finanziare i pesi morti, e va liberata dalla delinquenza, che è il primo ed imprescindibile dovere dello Stato, ascoltate la voce di chi, per una volta, non chiede quattrini, ma rispetto, non chiede aiuto, ma lo offre, e domandatevi: perché il Sud non è in mano a uomini come lui? Perché la gran parte dei quattrini che affluiscono servono a finanziare la conservazione della miseria apparente e ad ostacolare la creazione di ricchezza trasparente. Ecco perché.
Razzisti i rosarnesi? Quelli che, la notte di Natale, hanno diviso il pasto con i neri accampati? Quelli che ci convivono da anni? E scusate, se magari osservano che non è bello vederli pisciare sui muri delle proprie case, perdonateli se non sono proprio felici di vedere la scuola dei loro figli confinare con un campo di sbandati e clandestini. Ma, poi, che razza di clandestini sono, se parlano con il prefetto? L’ordine e la legge, quelli veri, non vanno imposti, ma offerti ai rosarnesi, come a tutti i calabresi e a tutti i cittadini del Sud. Che non ci credono, perché già tante volte traditi.
Proprio a Rosarno hanno appena arrestato diciassette uomini della ‘ndrangheta. Si tratta, lo ha ricordato il procuratore Giuseppe Pignatone, di un’indagine in corso da tempo, che con i fatti di questi giorni non ha nulla a che vedere. Salvo il fatto che a uno dei diciassette hanno notificato il mandato di cattura in galera, visto che lo avevano già arrestato, mentre si scagliava contro neri e carabinieri. Nipote di un boss e rivoltoso con il popolo. Tanto per avere un’idea di come stanno le cose.
Tornerà la pace, ma quale? Vedrete, altri neri, magari con la pelle chiara e senza bisogno del permesso di soggiorno, andranno a raccogliere gli agrumi. In nero, perché fuori mercato. Lo sapranno tutti, come lo sapevano già tutti: amministratori locali, commissari di governo, forze dell’ordine, prefetti, magistrati e parroci. Tutti, cittadini compresi, naturalmente. Ciascuno controllerà che non si creino danni alla convivenza civile, non ci siano furti e omicidi, non si bestemmi la divinità. Ma tutti tollereranno l’illegalità, che avrà un suo ordine interno, anche quando scoppia il disagio. L’ordine dell’illegalità. La ‘ndrangheta. Che avrà comprato i terreni e riscuoterà i sussidi, che avrà sempre bisogno di una base logistica da cui far partire il commercio di droga, quindi di un territorio ordinato, i cui bisogni primari siano stati soddisfatti. Da qui, poi, i trafficanti trarranno ricchezze che ricicleranno ed investiranno altrove: in Germania, in Canada, a Torino, a Milano, come gli ultimi arrestati, che avevano le loro basi operative in Emilia Romagna. In un altrove di cui non gestiranno l’ordine, ma di cui utilizzeranno il disordine produttivo.
Si cheterà l’Osservatore Romano, si spegneranno i riflettori, noi stessi ci occuperemo d’altro, Rubbettino continuerà ad abbaiare al vento, e tutti vivranno in pace. E nella vergogna, ma è un dettaglio

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