Politica

L’urna della paura

Il risultato delle elezioni olandesi, con la sconfitta di laburisti e liberali, che si vedono superare dal partito del defunto Fortuyn, ha propiziato le ennesime urla banali e conformiste su temi come il razzismo e la xenofobia.

Ma forse, quel risultato, come quello francese, austriaco, ed anche italiano, merita una meno grossolana analisi.

Fortuyn sarà stato un demagogo, ma non un razzista o uno xenofobo. Nel suo partito militano e sono stati eletti uomini di colore; si era eretto a difensore delle tradizioni libertarie olandesi; sosteneva che l’Olanda è fin troppo popolata, che non può permettersi d’accogliere tutti, e che, comunque, coloro i quali erano stati accolti non dovevano pensare di imporre agli olandesi i loro modelli “civili” (lui, omosessuale, ma anch’io, che non lo sono, guardava con orrore alla morale sessuale islamica). Che c’entra il razzismo o la xenofobia?

Ma, anche senza evocare il razzismo, l’Europa è attraversata da correnti elettorali che portano molti consensi fuori dalla tradizionale area della politica, collocandoli in un’area del rifiuto. Cosa muove queste correnti? La paura. E la paura non attanaglia i ricchi, ma la piccola e media borghesia, nella quale si ricomprende il ceto operaio e periferico.

Le storie familiari di noi europei sono tutto sommato simili: usciti dal diastro bellico i nostri genitori hanno ricominciato a vivere: non erano ricchi, ma sapevano che lavorando avrebbero continuamente accresciuto il benessere per se stessi e per la loro famiglia. Gli Stati garantivano la scuola, l’assistenza sanitaria, una vecchiaia non vissuta fra stenti e povertà. Era un sistema, quello del welfare, con non pochi difetti, ma era un sistema capace di diffondere sicurezza.

Oggi, con gran superficialità, si parla della generazione co.co.co. (collaboratori coordinati continuativi) come fosse una conquista sociale, e si trascura il dato più rilevante: al di là di quanto sono in grado di guadagnare oggi, si tratta di persone che non sanno se guadagneranno domani. Questo genera paura. Mettere su una famiglia significa contrarre un’obbligazione, verso i figli, di durata almeno ventennale, ma il mio orizzonte reddituale non supera i dodici mesi. Il resto è paura, che può divenire terrore. Il sistema pensionistico è al collasso, ai co.co.co. (come a tutti gli altri) si chiede ancora di finanziarlo, ma per chi oggi lo finanzia non vi sono garanzie future, ed anche questo genera paura.

Certo, in queste condizioni ci sta anche che ne profitti il rozzo capopopolo che addita i “negri” quali profittatori, o addirittura ladri del nostro mondo. Ma si commette un grave errore anche solo standolo a sentire, anche solo cercando di rispondergli. Il suo successo elettorale è solo figlio del fatto che la politica, l’altra politica, non è riuscita a trovare una sola risposta convincente alla paura che cresce. Ciò non toglie che: a. anche gli elettori che votano l’area del rifiuto non sono assimilabili al razzismo; b. la paura è assai più vasta di quell’area elettorale.

Parlare di Haider, o di Le Pen, o di Bossi, adesso di Fortuyn, tutte persone e fenomeni diversi e distanti fra di loro, serve solo a nascondere a se stessi il vero problema: non sono questi improbabili caporioni, questi vocianti sproloquiatori, ma la paura che silenziosamente si allarga.

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