Politica

Mamma li leghisti

La sinistra guarda alla Lega con invidia, il centro destra con timore. I primi per il radicamento popolare, i secondi per il dinamismo. Se si svegliassero e iniziassero a far politica, magari, potrebbero anche dire qualche cosa che abbia a che vedere con la realtà, e non solo con gli equilibrismi di coalizione. Forse non è chiaro, ma la Lega sta cambiando pelle. Se la candidatura a sindaco di Milano rientra nella naturale ambizione di quel partito (che ha già avuto quella carica, del resto, senza lasciare troppe tracce), l’accenno a Napoli segnala un ragionare politico, che gli altri faranno bene a non prendere sottogamba.

Quelli di FareFuturo, presieduti da Gianfranco Fini, già sentono il rischio di “morire leghisti”, ma, a parte la solita dipendenza intellettuale dalle penne della sinistra (il riferimento era ai democristiani e il titolo, sul quotidiano Il Manifesto, accompagnava un articolo di Luigi Pintor), e pur con tutta l’umana comprensione per chi non voglia passare dai pellegrinaggi in quel Predappio a quelli con l’ampolla e l’adorazione del “dio Po”, se vogliono evitare la prospettiva occorre che si mettano a parlare di quel che interessa la vita collettiva, e non solo di fine vita da anticipare, aborto da facilitare e voto agli immigrati da universalizzare, anche perché, cribbio, non solo sono le stesse identiche persone che si batterono contro tutto ciò, ma sono loro ad avere fatto la legge sull’immigrazione, assieme a Umberto Bossi.

Non prenderanno l’oscar per la coerenza, e neanche il telegatto per la lungimiranza, ma questo non toglie che il problema leghista esiste. Si tratta di affrontarlo in modo serio, senza annegarlo nella sola necessità di segnalarsi ancora capaci di qualche dichiarazione. Si prendano le dichiarazioni di Roberto Maroni, partendo dal presupposto che fa sul serio e ha molte ragioni. Il semipresidenzialismo alla francese, accoppiato al doppio turno, non solo è una ricetta percorribile, ma trova interessati quelli che, a sinistra, ancora sono in grado di pensare (era la posizione di Massimo D’Alema, prima che il berlusconismo li ubriacasse). Il richiamo al federalismo è scontato, ma il legarlo alla riforma costituzionale già fatta, e malauguratamente affondata dal referendum, significa recuperare il valore dell’interesse nazionale, che proprio la sinistra ha cancellato, modificando (con maggioranza risicatissima e senza alcun dialogo) il titolo quinto della Costituzione. Sia la separazione delle carriere, fra accusatori e giudici, che l’eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, sono cose giustissime, nonché parte del patrimonio occidentale e liberale. A tutto questo si risponde rilanciando, proponendo ancora di più, prendendoli in parola. Se, invece, ci si rimpiatta impauriti, se si guarda a Silvio Berlusconi come al domatore cui si chiede di placare la tigre, allora s’è già persa la partita.

La Lega cui ha dato voce Maroni non deve essere annacquata e soffocata, ma preceduta e incalzata a passare dalle parole ai fatti, deve essere sfidata sul terreno della reale unità nazionale, messa a rischio dallo spezzarsi economico, sociale e politico del Paese. Cos’è che disturba, il fatto che abbia chiesto d’incaricare Bossi e Calderoli di scrivere una bozza? Chiunque faccia politica avendo una qualche idea nella zucca sa che questa è fuffa. Chi ha proposte le faccia. Chi non le ha eviti il brusio inconcludente.

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