Politica

Martino e Sacconi

La politica ha le sue regole, e chi offende la politica ne subisce la vendetta. Antonio Martino e Maurizio Sacconi hanno offeso la politica e, con le loro parole, messo in difficoltà il governo tutto (di Bossi non mi occupo). All’indomani di un omicidio e di una manifestazione imponente, sollevare obiezioni d’illegittimità od omertà e tanto stupido quanto autolesionista.

Cofferati le regole della politica le conosce, e ne approfitta, mettendo a sua volta con le spalle al muro gli altri sindacalisti. Se Martino e Sacconi volevano dargli una mano, non potevano agire più efficacemente.

La manifestazione di domenica aveva aperto una ferita nella sinistra e nel sindacato. E’ stata suturata dagli stessi che pretendevano di denunciarla. Un capolavoro.

Sbagliare i modi ed i tempi, in politica, è un peccato grave. Sarà scontato. Detto questo, ben diverso sarebbe il commento se ci si limitasse alla sostanza decontestualizzata. Martino ha detto che è ora di dare regolamentazione, come stabilisce la Costituzione, alla rappresentanza sindacale, così ponendo anche un limite al suo potere d’interdizione. Giusto, ma chi crede, Martino, che debba provvedere? A chi sta parlando? Al mio paese la responsabilità di cambiar le leggi e date attuazione al dettato costituzionale ricade sulla maggioranza parlamentare, di cui Martino è uno degli esponenti. La smettano di parlare e comincino ad agire.

La stessa cosa vale per tutta la partita della politica del lavoro. A forza di agitar bandiere non si fa che far crescere gli estremismi di ambo le parti, creando guai e complicando le cose. Basta, zitti tutti ed il governo presenti le proposte che ritiene opportune. Si veda se esiste la possibilità di un negoziato che le renda accettabili per tutti, senza che perdano di significato, e se tale margine non c’è, allora si vada avanti perché questo è il compito di chi governa.

Sacconi, invece, chiaramente colpito dall’omicidio di un amico, ha detto una cosa che tutte le persone sensate pensano: gli omicidi D’Antona e Biagi non possono che essere stati ideati nell’ambiente nel quale operavano. Questi due uomini erano simbolo di qualche cosa solo in quell’ambiente, nessuno che ne fosse esterno avrebbe mai pensato a loro. Siccome l’ambiente del Ministero del Lavoro è a cavallo fra politica e sindacati, è ragionevole supporre che qualcuno dei terroristi sia in qualche modo conosciuto (sia pure non nella veste di terrorista). Ecco, è il momento in cui tutti i sospetti devono essere espressi, nessuna ritrosia può essere giustificata. Sacconi ha ragione, mentre è una corbelleria senza limiti collegare questa constatazione con la manifestazione di domenica scorsa.

Di Bossi non mi occupo. Intanto perché conservo un’idea diversa della funzione di governo e dei ruoli ministeriali. Se Bossi sia un mero equivoco stilistico, od il latrante esecutore di una più vasta colleganza non lo so. Quel che so è che il problema non si potrà risolvere solo rinunciando ai lunedì dell’amore.

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