Il messaggio è arrivato forte e chiaro: la nuova amministrazione statunitense non esita ad attaccare gli alleati e si appresta a impostare rapporti bilaterali di forza con gli antagonisti. Sembra un’impostazione destinata a essere corretta o a generare l’opposto di quel che si propone, ovvero una perdita di peso Usa. Occorre essere pragmatici e regolarsi passo dopo passo, senza pregiudizi: né contrari né favorevoli. Parte del messaggio è l’intenso lavoro che un esponente del nuovo governo, Elon Musk, svolge per destabilizzare le democrazie europee e distruggere l’Unione europea. L’ultima trovata invita gli europei a ritrovarsi in un movimento Mega (Make Europe Great Again). Da sostenitore Maga, ora vara la versione MegaMagò.
La mascheratura è quella della chiamata alla grandezza europea, persa in non si sa quale passato: Cesare, Carlo Magno, Carlo V, Napoleone? Meglio non spingersi a tempi più recenti, in cui pure si coltivò l’idea imperiale di grandezza, generando mostruosità. L’intento è inequivocabilmente distruttivo, non perché pensi di creare una internazionale delle destre – non ci sarebbe nulla di male – ma perché punta all’ossimoro di una internazionale dei nazionalismi. Il loro unico punto di contatto è l’essere contro l’Ue; per il resto, prevalendo riprenderebbero a scannarsi l’un l’altro, come sempre fecero: da Est a Ovest, da Nord a Sud.
Il messaggio è arrivato forte e chiaro, il tema aperto è quello della risposta. Come anche di capirla e di spiegarla a tutti, facendola finita con l’andazzo del “tutto sbagliato, tutto da rifare” che si perdonava alla bonomia di Gino Bartali. Ieri è stata una giornata importante, benché si trattasse di un vertice europeo informale e benché vi siano – ed è bene che ci siano – differenti vedute attorno a quel tavolo. È stata una giornata importante perché, se si discute di difesa europea, il Regno Unito non può che esserci e c’era. È molto, sia per chi è tornato a sedersi in quel consesso, sia per chi era stato abbandonato. E, per chi fosse duro di comprendonio, uno dei temi affrontati è stato quello di una forza comune per la difesa della sicurezza in Groenlandia, che è anche sicurezza europea e dei commerci navali in quella rotta nordica. Visto che è ricomparsa MegaMagò, s’è fatto rivedere anche Merlino, protagonista del ciclo bretone (dominio francese) e presunto padre di Artù (difensore della Britannia). Posto che la tavola europea è istituzionalmente rotonda, il passaggio di ieri lascia il segno.
Nessuna magia risolverà il problema dei soldi e qui le strade che si aprono sono due. L’Italia sembra chiedere che sia imboccata la prima, mentre ci converrebbe la seconda. Noi europei spendiamo troppo poco nella nostra difesa. In questo la Casa Bianca, di ieri e di oggi, ha ragione. La spesa deve aumentare e per farlo si può lasciare che corra senza contabilizzarla nel Patto di stabilità, oppure finanziarla con debito comune. La prima scelta è più facile, la seconda migliore.
Noi italiani siamo quelli che, in un colpo solo, spendiamo di meno e abbiamo il debito più alto. Far crescere il debito non contabilizzandolo nel Patto non significa che non si debba comunque pagarne il costo e subirne lo squilibrio. Non sarà un’infrazione, ma è comunque un pericolo alto. Come minimo richiederebbe maggiori tutele alle spalle, che non potremo chiedere fin quando non avremo ratificato il Mes. Si torna sempre lì. Mentre emettere debito comune – su questo hanno ragione i tedeschi – significa fare un piacere ai più indebitati (fra i quali anche la Francia), ma anche fissare una volontà politica che rende più efficaci le armi della difesa.
Sarebbe l’occasione per far crescere la nostra industria della difesa, accrescendo anche la ricchezza – in tal senso ha ragione la Francia, che reclama il Made in Ue – mentre comperare negli Usa servirebbe ad ammansirne i latrati. Ci sta che i compromessi si facciano a metà strada, ma perché siano compromessi e non arretramenti occorre che sia indubbia l’unità in Ue.
Davide Giacalone, La Ragione 4 febbraio 2024