Politica

Meglio mafiosi che carabinieri

Meglio fare il mafioso, piuttosto che il carabiniere. Lo Stato ti tratta con più riguardi. Visto che la giustizia è tornata di moda, attiro l’attenzione su questioni minori, bazzecole per fissati, relative alle schifezze che la malagiustizia produce. Se fai il mafioso ti godi il potere e i soldi. La cosa che più devi temere è che una cosca

avversaria ti spari, ma, fatta salva questa ipotesi, assai più probabile fra gente senza regole e rispetto, come i camorristi, l’altro pericolo, quello che a prenderti sia la giustizia, non è poi così spaventoso. Se è possibile, si limitano i danni: te ne stai zitto, lasci che il processo scorra e se c’è da fare qualche anno di galera, pazienza, poi passa. Se, invece, le cose si mettono davvero male, se le accuse assommano a numerosi omicidi, allora è il momento di rilanciare ed uscirne alla grande, facendo il pentito.
Da quel momento, ti trattano con tutti i riguardi. Un po’ pendono dalle tue labbra e un po’ ti corteggiano, affinché tu dica cose utili a questo o a quello. Partecipi al concorso per riscrivere la storia. Che è divertente, per quel che può fregartene. Confessi tutti i tuoi reati gravi, ammetti di avere ammazzato, scannato e sciolto nell’acido, perché questo aumenta sia la tua credibilità che il tuo peso criminale, sicché più le tue mani sono sporche di sangue più è verosimile che tu stessi personalmente trattando con i capi dello Stato, e forse anche con qualche pontefice. Taci, invece, su reati e aspetti legati ai piccioli, alla munita, ai soldi che hai messo da parte in anni di disonorato servizio. Quelli servono, a te, alla tua famiglia e agli amici. Se proprio devi, ti fai sequestrare qualche campo d’ulivi, o qualche vecchia casa, tanto è evidente che non ci tornerai più.
Ah, dimenticavo, da pentito ti è assicurata la protezione e la scorta, in modo da proteggerti dai tuoi colleghi, ma non è escluso che tu possa frequentarli, adeguatamente spalleggiato. Quando il lavoro sarà finito, come capitava a quel fimminaro di Tommaso Buscetta, potrai accedere al chirurgo estetico, ti saranno forniti documenti compiacenti e potrai andartene in crociera con la tua bella. Se sei carabiniere, invece, sono cavoli tuoi.
Sergio De Caprio, noto come “Ultimo”, creò unità operative dei Ros e, nel 1993, arrestò Totò Riina. Per questa ragione la cupola mafiosa lo condannò a morte, mentre la procura tentò di condannarlo alla galera, assumendo che sia stato, assieme a Mori, un complice di Riina medesimo, non avendogli subito perquisito la casa. Lo assolsero, ma, nel frattempo fu spedito a prestare servizio presso il Noe di Roma: Nucleo Operativo Ecologico. Funzione utile, non ne dubito, ma leggermente diversa da quella che gli aveva permesso di rendere preziosi servizi allo Stato.
Siccome, di tanto in tanto, deve tornare a Palermo, per testimoniare in alcuni processi, è evidente che a proteggerlo non basta il fatto che si occupi d’ecologia, perché anche i mafiosi hanno una loro teoria, circa l’ambiente. Ma al carabiniere De Caprio non danno la scorta. Il mafioso si presenta scortato, il carabiniere abbandonato a se stesso. Hanno rimediato, si fa per dire, i suoi colleghi del servizio scorte: lo proteggiamo noi, quando non siamo in servizio. Bello, non vi pare?
Trattamento non meno riguardoso è stato riservato a Carmelo Canale, il carabiniere che Borsellino chiamava “fratello”, il quale prima è stato accusato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, ed è stato assolto. Poi, dovendosi discutere l’appello, la procura ha pensato bene di accusarlo direttamente d’essere mafioso. E anche questa volta è stato assolto, con motivazioni che stracciano la pelle agli accusatori e polverizzano le loro teorie e supposizioni. Anzi, nelle motivazioni hanno proprio scritto per quale motivo s’è beccato anni d’inquisizione: ha un cattivo carattere. E, adesso, cosa fa la procura? Non paga degli anni passati, e non dovendo pagare le spese, ricorre in cassazione, allungando l’agonia di un processo infondato e inutile, e prolungando le sofferenze di un innocente.
Anche qui, non si trascuri un particolare: i pentiti che accusano Canale, già sbugiardati in tribunale e dai giudici, continuano a essere protetti, mentre il carabiniere è solo, ma anche senza la pensione che gli spetta, perché la sua carriera è stata bloccata dalle accuse e dai processi, e tale rimane, visto che la procura non sente il peso dell’ulteriore grado di giudizio.
Morale della favola: meglio fare il mafioso che il carabiniere. Se alla politica restano cinque minuti di tempo, ove mai l’universo non si esaurisca in un paio di processi con i quali fucilare il capo del governo e in leggi che servano a bagnare le polveri di quelle cartucce, ci sarebbe un dettaglio di cui occuparsi: i servitori dello Stato presi a pernacchie dallo Stato.

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