Politica

Mellini ha ragione

Mauro Mellini ha ragione: ciascuno di noi ha il dovere di fare qualche cosa di più nella battaglia per il rispetto del diritto e dei diritti, e, soprattutto, si deve essere capaci di farlo assieme.

I girotondini hanno torto, immaginano di essere i protagonisti di un film che vuole la legge uguale per tutti e, invece, recitano in una pellicola che racconta quanto la legge possa essere violata e calpestata ai danni dei cittadini: ignorano la realtà, ma hanno la presunzione di capirla meglio di chi la vive. Sbagliano, ma intanto ci sono. Questo ci fa osservare Mellini.

La sinistra politica ha nella storia di diverse sue componenti la difesa del garantismo, inteso come baluardo di civiltà e scudo contro soprusi ed oppressioni. Purtroppo la sinistra ha abdicato ad ogni serio ruolo politico, è divenuta prigioniera dell’errante ignoranza girotondina, a causa del torbido che ancora accompagna e copre la rottura della normalità democratica, nel nostro Paese. Il violantismo, l’uso della giustizia per regolare partite politiche, ha avvelenato le fonti ed intossicato gli animi.

Le talora fantasiose vie della storia hanno consegnato ad un nuovo centro destra, oramai privo della sua componente storicamente più forte, la democrazia cristiana, il compito di non lasciare che la democrazia sia seppellita sotto toghe che sono e rimangono nere, a dispetto di chi se le figura rosse. Questo compito è stato, in parte, svolto. Ma giunti al momento della ricostruzione questo centro destra mostra tutti i limiti dovuti ad un’insufficiente cultura di governo, e, prima ancora, ad un assai approssimativo senso dello Stato.

Agli sciocchi si lancia il rinsecchito osso del presunto tornaconto personale: il centro destra fa alcune cose e non altre, in tema di giustizia, solo perché guidato dai desideri e dalle scadenze processuali di qualche suo esponente di punta. Roba per sciocchi, giacché se anche così fosse sarebbe irrilevante. I cretini integrali, poi, ci vedono pure il conflitto d’interessi, come se la democrazia non fosse la rappresentazione d’interessi in conflitto, ma il simposio segaiolo su immaginifici interessi generali. A noi questo non interessa, noi ci preoccupiamo del fatto che questo o quel provvedimento, magari in sé giusti, mancano di un qualsiasi spirito riformatore in grado di rimettere la giustizia italiana sui binari del diritto e dell’equità.

Vedi, Mellini, noi ci siamo occupati tante volte, anche da queste colonne, di casi d’allucinante ingiustizia riguardanti poveri disgraziati. Il fatto è che non gliene frega niente a nessuno. Quando, poi, scriviamo di certi procedimenti penali in piedi a Palermo, od a Napoli, od a Milano, ci sentiamo dire che il nostro garantismo si sveglia solo allorquando si toccano i potenti. Anzi, ci dicono anche che potenti siamo noi stessi, quando ci difendiamo, noi che non contiamo un accidente.

Perché questo accade? Accade perché la sinistra ideologica, ancora largamente egemone su quel versante, concepisce il diritto come mero strumento di battaglia: tu non sei con loro, quindi sei un nemico, e l’arma migliore, al giorno d’oggi, è seppellirti nel silenzio. Tu non esisti. Per quella sinistra val bene arruolare qualche autore travagliato, dal dna culturale (si fa per dire) nazistificante, ma capace di non aver orrore di se stesso nello scrivere castronerie ed insulsaggini, ma tutte saggiamente indirizzate. Dall’altra parte siamo ignorati perché, in effetti, è assente passione democratica, civile, politica. Hanno preso la politica come fosse “Giochi senza frontiere”, sono sinceramente convinti che la democrazia consista nel prendere più voti, e dato che loro li prendono, dato che le nostre battaglie non si sa se ne portano, saremo pure delle rispettabili persone (e manco tutti) ma dovremmo far la cortesia di andare a giuocare fuori.

Questo spiega la nostra solitudine, ma non spiega perché ad essa ci si debba rassegnare e piegare. Quindi ha ragione Mauro Mellini, evitiamo di piagnucolarci addosso, rimbocchiamoci ancora le maniche e torniamo al lavoro. La giustizia è uno dei temi sui quali, in autunno, si dovranno chiamare ancora a raccolta le persone che non hanno un cervello senza cuore, né son decadute al punto da avere un cuore senza cervello. Avremo meno soldi e meno pubblicità di certe lorde anime candide che pubblicano riviste microcefale e macrocostose grazie ai quattrini delle aziende di Stato, ma avremo ragione. E non è poco.

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