Politica

Mercenari

Ecco un buon motivo per cui è giusto, è bene, è auspicabile che la sinistra sia sconfitta. Romano Prodi non intende chiedere scusa, per aver dato del “mercenari” a quei giovani che si appresterebbero a divenir propagandisti di Forza Italia. Fa bene a non chiedere scusa, risparmi l’atto di contrizione per l’ulteriore massacro cui sta sottoponendo la sinistra democratica.

Prodi è circondato da mercenari. Sono mercenari, secondo il suo dissennato criterio, Massimo D’Alema, Valter Veltroni, Piero Fassino, Enrico Boselli, Enzo Bianco e così via elencando la grandissima maggioranza della classe dirigente del centro sinistra, composta da ex giovani che, come me, prese dei soldi in cambio della militanza politica. Prendevamo poche lire, e se ci avessero dato del “mercenario” avremmo annegato a sputi il cretino che se lo fosse permesso. Ma Prodi non può capire. Uno che, come lui, deve il proprio reddito ai benefici avuti dalla politica, uno che ha fatto carriera nelle partecipazioni statali, sorretto e sospinto senza dover subire l’incomodo di far politica, ovvero di sottoporre le sue idee, ove vi siano mai state, al confronto democratico con i militanti di un partito politico, e poi con gli elettori, uno che è stato sempre organico al sistema di potere democristiano, ma senza praticarne il lato più nobile, ovvero quello politico, fa fatica a capire. Quindi, amen.

Il guaio è che mentre noi impieghiamo le forze per argomentare e costruire, giorno dopo giorno, le speranze di governo di una sinistra occidentale, laica, sana, realista e non ideologica, il signor figlio del sottogoverno sfodera l’arma della sinistra che perde, della sinistra che è giusto perda. Già, perché è bene chiedersi cosa c’è dietro la minchioneria di chiamar “mercenari” i militanti altrui.

C’è la spocchia di chi, non potendo credere nelle proprie idee, spera di poter credere nella propria superiorità morale; c’è la pochezza di chi spera di vincere le battaglie politiche senza misurarsi sul terreno politico; c’è il moralismo senza etica di chi pensa che i soldi a sé e da sé procurati abbiano un profumo diverso dall’olezzo che si pretende avvertire nei soldi altrui; c’è la miseria di chi, fedele alla propria biografia, si sente chiamato a comandare senza aver dovuto convincere. Prodi Romano è quello che è, rimane il cattolico frequentatore di sedute spiritiche, il frignante indagato che corre alla sottana scalfaresca, ma il problema è una sinistra nella quale quasi nessuno intende riportarlo al governo, ma la gran maggioranza ha dei problemi a dirlo con chiarezza.

Certo, ci sono molte divisioni, in quello schieramento, ed il ritorno all’equilibrio del passato serve ad occultarle, nei limiti del possibile. Ma la sinistra si renda conto che Prodi non è la soluzione, Prodi è il problema. Lui, la sua idea che sia meglio accordarsi con i massimalisti, piuttosto che far crescere i riformisti, la sua supponenza che confina a portatrici di voti quelle forze della sinistra, che, invece, dovrebbero portare la propria forza di ripensare il programma e l’azione di governo, il suo cinismo che ricaccia indietro la politica estera reclamata dalla sinistra che pensa. La sinistra si liberi di Prodi, o l’Italia non riuscirà a liberarsi di questo bipolarismo bastardo, dove un governo che non fa e non sa fare appare migliore di una sinistra senza orrore di se stessa.

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