Politica

Messinscena

davide giacalone mes

Si corre il rischio di far sembrare svegli i soldati giapponesi che, anni dopo la fine del conflitto mondiale, credevano fosse ancora in corso. Il milite nipponico aveva, almeno, l’attenuante dell’isolamento. Mentre qui è tutto un succedersi di spie luminose accese, avvisi orali e scritti, consigli pubblici e privati, siamo giunti al punto che ci si offra di venire a spiegare quel che, all’evidenza, non s’è capito. Eppure tutti sanno che sarà fatto: la riforma del Meccanismo europeo di stabilità deve essere ratificata. Specie ora che una brezza tesa ha scarruffato il crine bancario.

Un anno fa avevamo usato questo stesso titolo: Messinscena. Ci ripetiamo, chiedendo ai politici di professione: non sarebbe stato meglio per voi, specie per la destra che ora governa, se la scontata approvazione l’aveste messa in conto alla maggioranza del governo Draghi? Tanto più che era ampia al punto da consentire a qualche giapponese di passare la sua giornata nella giungla. Ora vi tocca deglutire il rospo in esclusiva. Che poi non è affatto un rospo, il che esclude riusciate a trasformarlo in principe. Direte che è diverso e che cambierà, “come se fosse antani”. Vabbè, sbrigatevi. Perché ci sono conseguenze negative rilevanti.

Intanto è umiliante che il ministro dell’economia debba rispondere ai colleghi: scusate, ma è di competenza parlamentare. Come se in Parlamento la maggioranza non l’avesse il governo o come se quella maggioranza fosse pronta a tradire il governo. Ed è imbarazzante che dai vertici del Mes gli rispondano: se non riuscite a spiegare voi a cosa serve, non preoccupatevi, veniamo a farlo noi. Manca solo aggiungano: con un disegnino.

Il che si riflette sulla discussione relativa alla modifica del Patto di stabilità, per noi fondamentale e che presenta luci ed ombre. Fuori dall’Italia nessuno crede che noi si possa non ratificare la riforma del Mes, ma se si continua a perdere tempo quell’increscioso traccheggio potrà essere utilizzato per dire: nessuno ha voluto isolare l’Italia, sono gli italiani che hanno deciso di isolarsi.

Sulla riforma del mercato elettrico il governo Meloni ha tenuto ferma la posizione di quello Draghi, chiedendo il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas, cui si legano altre conseguenze. Ovvio che si tratta di un mercato su cui volano numerosi interessi. Una cosa non basta dirla o chiederla, per poi lamentarne il rigetto, si devono costruire le alleanze. Per noi preziosa quella della Francia. Allearsi non è sposarsi, non è comunione di tutto, ma rispettarsi sì e certi toni polemici non sono il modo più saggio di difendere gli interessi nazionali. È solo una postura a favore di telecamera, ma incorpora la sconfitta.

Sullo stop all’immatricolazione delle auto con carburante tradizionale, fissato al 2035, si sono dette e lette delle corbellerie. Ci sarà, non è stato bocciato manco per niente, il voto è solo rinviato. Se i giornali che credono di appoggiare il governo continueranno a usare quei toni (sul nucleare è stato anche scritto che la Ue lo vieta!!) in realtà gli rendono la vita impossibile. C’è una posizione saggia, ispirata a un sano principio: non si stabilisca quali tipologie di motore le auto dovranno avere, si resti nella neutralità tecnologica, si stabilisca quali emissioni non saranno consentite. Entro il 2035 non si immatricoleranno auto a benzina o diesel. Stabilite le condizioni sarà l’innovazione a regolarsi sulla convenienza dei carburanti sintetici o sulla compatibilità dei biocombustibili. La norma fissa le emissioni, il resto spetta alla tecnologia e al mercato. Se, invece, ci si arrocca su un no che pretende di ridiscutere le emissioni, il risultato sarà che si sarà solo pedina che favorisce il gioco altrui, finendo nell’irrilevanza mentre i tedeschi trattano la mediazione.

Essere isolati è un costo. Essere isolati per un capriccio elettoralistico è da sciocchi. Basta con la messinscena: Mes e gare per il demanio, senza farsi ulteriormente del male.

Davide Giacalone, La Ragione 15 marzo 2023

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