Politica

Migranti e Vaticano

Nel 1981 il 40% dell’umanità viveva con un dollaro al giorno, o meno. La percentuale è scesa al 18 nel 2004 e dovrebbe giungere al 12 nel 2015. E’ un frutto, largamente positivo, della globalizzazione, del progressivo integrarsi del mondo in un unico mercato. I “no-global” non hanno capito un accidente, né di questo né del resto. Il processo avanza non senza rischi e problemi, naturalmente, ma è fuorviante ignorarne gli aspetti positivi. In grandi Paesi, come la Cina, l’India, il Brasile, il Sud Africa ed altri paragonabili, la diminuzione della povertà non è avvenuta mediante la spinta migratoria, che porta altrove gli affamati e li rende capaci di mandare soldi alle famiglie (come avvenne per i nostri emigranti siciliani o veneti), ma grazie allo sviluppo economico interno, alla capacità di produrre ed esportare. Anche questa è una sfida per i più ricchi, che sono i più democratici (è brutto dirlo così? anche detto diversamente la sostanza non cambia), ma in positivo, rivolta alla soddisfazione dei consumi più affluenti, capace di promuovere una concorrenza virtuosa, benché dura ed agguerrita. Al contrario, invece, le migrazioni dei disperati sono risvolti fallimentari della globalizzazione, mali che si spera siano passeggeri. Non vedo perché questa evidenza non debba essere parte della riflessione, pure in Vaticano.
Le spinte migratorie arrivano da zone rimaste ai margini della globalizzazione. Muovono schiavizzati, spesso affidati a mandriani criminali. Non possiamo affrontare il problema limitandoci a chiudere le frontiere, ad erigere barriere e sperare siano invalicabili, ma nemmeno possiamo fare il contrario, dedicandoci ad una “accoglienza” dissennata, inevitabilmente moltiplicante razzismo e xenofobia, perché destinata a scaricare il peso dei disagi sui già più poveri. Ratzinger parla dei “diritti degli irregolari”, e dal punto di vista umano ha solo ragione. Ma ha mai pensato ai diritti dei regolari? Qui non siamo alle nozze di Cana, e garantirli entrambe è fantasioso. L’arcivescovo Marchetto parla dei “diritti dei nomadi”, ma noi li vediamo stanziali, in campi da cui non se ne vanno, dove negano alle donne ed ai bambini i diritti più elementari, come la libertà e l’istruzione. Non è caritatevole ignorare la realtà, o annegarla nel pregiudizio.

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