Politica

Miracolo & dannazione

Miracolo: Pd e Pdl votano la stessa cosa. Dannazione: convergono sulla scheda bianca, sull’impotenza, sull’incapacità, sul tatticismo, su tutto quello che è utilissimo ad affondarli e inutilissimo all’Italia. Se il buon giorno si vede dal mattino, meglio darsi la buona notte.

Mentre l’appello li chiamava a infilare la loro sceda nell’urna, compilata con il succo delle loro idee e del loro coraggio, quindi bianca, due loro ex colleghi, Alberto Tedesco e Nicola Cosentino, entravano in galera. Detenuti in ingiustificabile custodia cautelare, dopo che il Parlamento aveva respinto le richieste dei magistrati. Che altro deve succedere, perché s’accorgano di non avere più tempo?

Visto che non hanno vocazione per la politica, riempiendo schiere di eletti che mostrano meno ragionevolezza dei loro elettori, almeno coltivino gli studi. Leggano, nelle “Lezioni di psicoanalisi”, quale esempio fu scelto da Sigmund Freud, per spiegare il meccanismo delle parole omesse o sostituite (volgarmente: lapsus freudiano): il presidente di Aula parlamentare che essendo consapevole dell’inutilità di quella giornata scampanellò solenne e anziché dire “la seduta è aperta”, disse “la seduta è chiusa”. Ecco, appunto: la seduta è chiusa.

Quest’oggi (si spera) saranno eletti i due presidenti parlamentari, ma il danno è già fatto. In una situazione di tanto alta precarietà e pericolo il Pd e il Pdl avevano il dovere di convergere subito, come hanno ora il dovere di convergere sul governo, quindi poi sulla presidenza della Repubblica. Possono non farlo, e difatti non ne sono capaci, magari continuando la campagna elettorale e preparandosi alla prossima, propiziata dalla loro insipienza, ma così procedendo si qualificano per quel che sono. Ovvero si squalificano.

Incuranti del disastro che incombe, ciascuno continua il proprio giochino. Ciascuno crede ci sia ancora spazio per prendere. Mentre il mondo che li circonda è oramai divenuto insensibile alla realtà, ma anche alla cultura che un tempo accompagnava il rispetto per le istituzioni. Leggo, ad esempio, che Mario Monti vorrebbe andare alla presidenza del Senato. Non so se sia vero, ma non è questo che conta. Conta che se ne parli, senza avvertire due cose: a. incombendo un possibile nuovo scioglimento solo una mandria d’incoscienti può supporre di portare alla seconda carica dello Stato chi è ancora a Palazzo Chigi, comportandosi come quello che vede una piramide di pomodori pelati e decide di prendere tre barattoli dalla base, facendo venire giù tutto; b. il solo precedente di un senatore a vita presidente del Senato porta il nome di Enrico De Nicola, era stato capo provvisorio dello Stato e fu anche presidente della Corte costituzionale, ma erano tempi un tantinello diversi, lo Stato era in formazione e, comunque, egli era stato eletto parlamentare, sebbene prima del fascismo, e presidente della Camera (gli altri precedenti, come Cesare Merzagora, sono di presidenti comunque eletti dal popolo e solo dopo divenuti senatori a vita). Che nessuno lo faccia osservare denota un’insensibilità istituzionale e un’ignoranza che ben meritano d’essere travolte. Peccato che sotto le macerie ci finisce l’Italia.

Abbiamo raccontato come il sistema istituzionale ed elettorale francese consentirebbero di superare la sconcezza di tale spettacolo. Parlammo al muro. Visto che va di moda, propongo allora il metodo vaticano. Anno 1270: siccome i cardinali non la finivano mai di truschinare gli abitanti di Viterbo, che s’erano rotti l’anima d’ospitare tale incomoda inutilità, li chiusero a chiave (cum clave) e scoperchiarono il tetto. Si sbrigarono. Provino in questo modo, prima che la politica finisca rinchiusa. Ma da un’altra parte.

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