Politica

Modello siciliano

E diventato di moda il “modello siciliano”. Come se fosse una cosa positiva e funzionante, mentre è negativa e non funziona. Sono sei mesi che vado sostenendo: la Sicilia è solo un’anticipazione, l’Italia finirà come quella disgraziata isola. Tutto mi passava per la testa tranne che qualcuno potesse prenderlo come un augurio. E’ una sventura. Scomodai Leonardo Sciascia, che definendo la Sicilia quale negativa metafora dell’Italia parlava di una “linea della palma”, capace di spostarsi verso nord. La ribattezzai “linea della salma”, perché mortifera per la politica. Ora i morituri non solo salutano, ma gioiscono e si contendono il rapporto con i beccamorti.

Il “modello siciliano” è mezzo ovvio e mezzo orribile. Si basa sull’assunto: i parlamentari voti solo quel che condividono. Cribbio, che rivoluzione! Il punto è che così non funziona neanche una famiglia: cari genitori, da oggi faccio solo quel che condivido; cara moglie, ti assecondo solo se condivido; caro marito, se non condivido mi metto contro. A quel punto meglio il divorzio e il giudice tutelare, almeno prima che s’arrivi al delitto d’onore e il giudice penale (anche questo è un bel modello siciliano). La responsabilità politica è diversa dall’ordinare le pietanze su un ipotetico menù.

Funziona, dicono, il “modello siciliano” perché Rosario Crocetta governa. Spero che nessuno li perdoni, proprio perché non sanno quel che dicono. Crocetta permane, e non è la stessa cosa. Tutto si regge sul fatto che il presidente è eletto direttamente dal popolo, e benché votato da una risicata minoranza, Crocetta ha un mandato di quel tipo. Quindi, se ha un senso il richiamo al “modello siciliano”, ciò significa che la sinistra s’è convinta della Repubblica presidenziale? Questa sarebbe una notizia. Purtroppo Pierluigi Bersani è riuscito a sostenere che il modello va bene e il presidenzialismo no. Sembra il pugile interpretato da Vittorio Gassman ne “I mostri”: so’ contento. A parte questo, la Sicilia di Crocetta è un’orgia del trasformismo politico, che, fra le altre cose, ha comportato la distruzione del Partito democratico. Certo, Bersani potrebbe rispondere che il Pdl non è messo meglio. Vero, ma non basta per dire: so’ contento. L’unico contento è Beppe Grillo.

Il governo regionale ha preso decisioni, che non esito a definire giuste: cambio di alcuni vertici burocratici, taglio di alcuni privilegi, qualche commissariamento. Giusto, bravi. Ma è finita lì. E come non bastasse litigano su di chi sia il merito di queste scelte dimostrative. Che lasciano intatta la situazione di non governo, compreso il fatto che gli assessori non partecipano ai lavoro dell’Assemblea: ieri, dopo tre settimane di vacanze elettorali, l’Ars si è riunita, ma i quattro assessori convocati non erano presenti. Impegni istituzionali, dicono. Seduta saltata. Ci vediamo (forse) alla prossima.

Alcuni assessori si vedono solo in televisione. Franco Battiato ha scoperto l’incredibile: non ci sono più soldi da spendere. Chi lo avrebbe mai detto. Sicché è andato a guadagnarne, cantando. Antonino Zichichi, dal canto suo, appurato che l’evoluzionismo è teoria errata e non discendiamo dalla scimmia ci ha però presi per babbuini babbei dato che è dovuto intervenire il Tar di Catania, a gennaio, per bloccare un appalto pubblico cui concorreva solo la società di suo figlio. In compenso s’è impegnato per difendere il radar militare (Muos) di Caltanissetta, giacché le onde elettromagnetiche non offendono la salute (vero, in quella concentrazione). In compenso, come sostengono gli statunitensi, non istallare quel centro di controllo offende la sicurezza dell’Italia. Ma vallo a spiegare a Crocetta, che marciava invocando l’uscita dalla Nato, o a quelli del mitico Movimento 5 Stelle. Perché è questo il risultato del “modello siciliano”: amministratori che fanno a gara nel solleticare l’irragionevolezza collettiva, nel mostrarsi più grillini di Grillo, navigando una guazza di parlamentari che migrano da una parte all’altra, naturalmente inseguendo le loro più profonde convinzioni.

Non è la prima volta che a sinistra ci s’innamora del “modello siciliano”. Anche il milazzismo rientra in quella categoria. Il governo di cui facevano parte esponenti del Pci e del Movimento sociale. Mi sa che quella storia andrebbe raccontata agli smemorati: nasce nel 1958, sembrando dovesse dominare i secoli; ha un buon successo elettorale nel 1959; cade nel 1960 (anche perché la Dc comprò qualche parlamentare); e alle elezioni del 1963 non beccò un voto. A pensarci bene: mica male, questo “modello siciliano”.

Pubblicato da Libero

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