Si candidi o non si candidi (non si candiderà), avalli o non avalli una lista montiana (avallerà senza avallare), Mario Monti oramai incarna l’ennesima contraddizione della vita politica italiana: sorto all’orizzonte quale vessillifero del rigore amministrativo e del mercato ha condotto un’annuale campagna di prelievi fiscali, senza innovazioni amministrative, per poi trovarsi circondato e falsamente incarnato dai più tenaci interpreti e sostenitori del Pusp, il partito unico della spesa pubblica. Sicché alla domanda: che farà Monti? Si fa fatica a rispondere, se non con una ulteriore domanda: quale?
E’ stato a lungo commissario europeo per la concorrenza, quindi uomo chiave nell’aprire a concorrenza e liberalizzazioni, ma di tale missione non s’è vista traccia, nel corso dell’ultimo anno. E’ stato interprete dell’europeismo italiano, quindi di un desiderio federativo fra uguali, ma ha passato l’ultimo anno a far fronte alle richieste del governo Merkel, che ritengo uno dei più potenti avversari di quell’idea d’Europa. Ha avviato l’azione di governo chiamando a sé uomini con la fama di gran esperti e spietati tagliatori, ma la faccenda s’è risolta nel togliere soldi ai cittadini e versarli nel calderone della spesa pubblica. La cosa non mi stupisce e, del resto, non ho mai pensato che un governo commissariale potesse cambiare l’Italia. Né credo che sarebbe una via saggia. Nel novembre 2011 era in atto un incendio, il pompiere Monti lo ha in qualche modo domato, è un merito e oggi non ha senso dirgli: mi hai allagato il salotto. Senonché, è stato lui a dire: adesso prendo l’agenda e ne faccio un programma politico, così cadendo in una insanabile contraddizione.
Chi sono i potenziali compagni di strada? Tutti espressione del Pusp. Tutti dirigenti e caporioni di quel costoso partito. Che è potente anche nella destra ed è stabilmente insediato nella sinistra, intendiamoci, ma che attorno a Monti ha messo la crema di sé. Da Casini a Fini a Bonanni, sono i capi di quel partito. Quelli che hanno difeso con le unghie e con i denti la spesa pubblica corrente, quelli che ne hanno raccolto il consenso politico, quelli che la rappresentano sindacalmente. Questa sarebbe la base politica con cui riformare l’Italia? Il loro elettorato e i loro iscritti (quelli che rimangono, pochini) sarebbero la base sociale? Stiamo freschi.
Monti il bocconiano, Monti uomo dei più blasonati circoli finanziari, è anche il Monti in loden, espressione della borghesia laica lombarda. Gliecché, però, a sostenerlo e spingerlo ci sarebbero le gerarchie ecclesiastiche e la comunità di Sant’Egidio. Come si fa a non vedere questa aggiuntiva contraddizione. Politici e giornalisti annettono sempre grande importanza agli orientamenti politici del mondo cattolico, supponendo possano essere incarnati dalla gerarchia (per il vero più pluralista e diversificata di certi partiti) o dalle organizzazioni del laicato. Sarà anche vero, ma io vedo una società largamente secolarizzata, che anche per il rito più tradizionale, il matrimonio, ha preso a rivolgersi più al sindaco che al parroco. E vedo anche che quelle organizzazioni collaterali, come anche certe compagnie e certe associazioni nate per la testimonianza religiosa, sono fra i più affezionati fruitori della spesa pubblica. Ricongiungendo la missione al Pusp.
Tutta questa bella gente, che spera di trovare in Monti e nel montismo una buona occasione per continuare a chiedere consensi senza doversi impegnare a spiegare il perché, prova a dire che quanti non si spellano le mani per applaudire, quanti non cancellano i fatti per paura delle opinioni, sarebbero marmaglia demagogica, con venature antifiscali e antieuropee. Apprezzo lo sforzo di fantasia, ma confondere il fisco con la sottrazione di ricchezza ai privati per destinarla alla spesa improduttiva, o confondere l’Europa con il centro di comando cui si chiede quali politiche applicare, è esattamente ciò che definirei nemico di una sana politica fiscale e di una saggia aspirazione europeista.
La nostra sinistra e la nostra destra sono tutt’altro che pezzi di paradiso. Ma fossi in Monti mi domanderei se la festante folla dei montiani è popolata più dal meglio che rimase fuori dal bipolarismo forzoso, o dal peggio che ne è fuoriuscito. Dal nuovo che avanza o dal vecchio avanzato. E ricorderei che i fallimenti del governo appena caduto, purtroppo numerosi, sono più nella cultura di quelli che lo appoggiano, piuttosto che in quella di chi lo ha criticato sperando di aiutarlo ad affrancarsene. In altre e più semplici parole: ha fatto una bella fesseria politica, sollecitata e sospinta dai tanti espertoni e coscienziosi pensatori che sarebbe già tanto se ne azzeccassero una, in vita loro.
Pubblicato da Libero