Politica

Napoli, alzati e respira

Forse non è chiaro, ma fra poco ci beccheremo multe e procedure d’infrazione, da parte dell’Europa, per colpa della spazzatura napoletana. Forse fa ridere, ma siamo anche accusati (decisione del governo Prodi) di avere illegittimamente dato soldi per agevolare la costruzione del termovalorizzatore di Acerra, che funziona a scartamento ridotto e potrebbe costarci una salatissima sanzione. Pagata, naturalmente, con i soldi di tutti. Quindi, non c’è solo il problema delle discariche, ma anche quello di scaricare politiche che producono emergenze permanenti e malgoverno immanente. Si devono fare funzionare gli inceneritori, ma si deve anche incenerire una cultura irresponsabile, che oscilla fra l’ignavia e la rivolta.

Sarebbe bastato seguire la processione della Madonna della Neve, a Torre Annunziata, per rendersi conto di quanto sia folle la situazione: striscioni contro le discariche retti da signori con la fascia tricolore, mamme allarmate per la salute dei figli, invocazioni alla Madonna “perché solo lei ci può salvare”. E’ questo quello che la società e la politica di questo devastato paradiso meridionale riescono a produrre, all’alba del secolo ventunesimo? E in quale secolo vivono, in quale mondo, i militanti che attendono gli autocompattatori al canto di Bella Ciao, al grido di “lotta dura”, avvolti nei drappi palestineggianti? Andrebbe posto un limite alla bestemmia: religiosa, storica e politica.

E’ ingiusto, però, gettare la colpa addosso a chi vive attorno alle discariche, perché non solo hanno anche delle ragioni, e forti, ma sul fuoco del loro disagio soffiano tutti, a cominciare dalle testate nazionali che sbertucciano il governo: ma come, non avevate risolto il problema? Tutto sta ad intendersi: quale problema? Quello della spazzatura accumulata lungo le strade, delle montagne tossiche date al fuoco, della camorra che guadagnava affittando i terreni dove stoccare le balle, sì, questi problemi furono risolti e la situazione tornò alla normalità. Correva l’anno 2008. Poi nulla. Anzi, peggio: mentre si sostiene che le province vanno abolite (nell’anno del mai) si passa loro la competenza sui rifiuti. Se questa è la via per il federalismo, meglio smarrirla.

Le discariche diventano un dramma perché in questi abissi di sottosviluppo istituzionale, politico e morale ci si butta dentro tutto, laddove, al contrario, funzionano se si evita di farlo e si seppellisce solo quello che non si può riciclare. E’ questa l’incapacità che spiega il mistero, quello di un sistema di smaltimento dei rifiuti che funziona in tutto il mondo, ma non a Napoli. In città, su un milione d’abitanti, solo 135 mila fanno la raccolta differenziata. Mancano i soldi, dice il sindaco. Peccato che, per ottenere il bel risultato sotto gli occhi e il naso di tutti, si spendano (si buttino, per restare in tema), ogni anno, 230 milioni di euro.

Gettando tutto in discarica la puzza sale al cielo ed entra in casa. Non dovrebbe capitare, ma siccome capita non è difficile capire perché la popolazione tende a non fidarsi. Il dramma vero è l’incapacità, in questo dimenarsi di rifiuti, anche politici, di attribuire meriti e responsabilità. Se due anni fa si era tornati alla normalità, se le discariche ci sono, se il termovalorizzatore funzionicchia, essere riprecipitati nella spazzatura comporta responsabilità evidenti degli enti locali. A cominciare dal comune. In altre città della Campania tutto funziona bene, a Napoli si moltiplica lo schifo.

E c’è una responsabilità della classe politica nel suo insieme, che non riesce a spiegare e farsi capire, ammesso che abbia qualche cosa di serio da dire. La politica, del resto, non è animata da marziani, ma da espressioni di quella società: con una borghesia priva di senso dello Stato e una popolazione cui riesce benissimo la parte della plebe.

La soluzione odierna è uguale a quella di allora: le autorità locali vengono esautorate, il governo del problema passa alla protezione civile. Ci riusciranno ancora, vedrete che l’emergenza sarà ancora una volta dissolta. Ma si sarà solo inabissata, per riemergere fra qualche tempo, a imperituro disonore di un popolo e di una città onorati.

A Terzigno hanno bruciato una bandiera italiana, un tricolore probabilmente riemerso da trascorsi calcistici. Si potrebbe sorridere, di questo gesto che allinea scalmanati dialettalmente distanti. Invece fa impressione, perché in quelle lande lo Stato non c’è, e quel che c’è veste la divisa. Si tratta di territori dove è messa a rischio la sovranità, dove prevale l’estraneità. Ecco perché, da democratico, da meridionale, l’atto d’imperio mi piace, il commissariamento degli incapaci locali lo trovo giusto, l’esautorazione di amministrazioni inadempienti o conniventi è salutare. Ma, ancora una volta, la soluzione di un problema passa per la sospensione delle regole, per la sostituzione del principio d’autorità a quello di rappresentatività. Il che fra crescere irresponsabilità, sudditanza e piagnonismo. C’è qualcuno, sotto al Vesuvio, in grado di rendersene conto e reagire? La memoria ci restituisce uomini e idee di spessore europeo, ma noi viviamo nel presente e non di ricordi. Napoli, alzati e respira.

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