Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non poteva scegliere argomenti e parole peggiori. Sui fatti d’Ungheria ha voluto riconoscere che “Nenni aveva ragione”, con ciò stesso dimostrando di avere una visione asfittica, misera, chiusa e meschina della storia, e della politica.
Certo, Nenni aveva ragione. Ma l’invasione sovietica dell’Ungheria non è, come Napolitano dimostra di credere, un capitolo interno alla storia della sinistra italiana, non è una faccenda che riguardi l’internazionalismo socialista, non è una partita dove ancora si debbano misurare i torti e le ragioni dei partiti che furono accomunati nel Fronte Popolare, fu una tragedia mondiale, una scelta violenta che segnò in modo inconfutabile il confine fra la libertà e l’oppressione, fra il dominio delle armi ed il regno della democrazia. Aveva ragione Nenni, ma con lui avevano ragione gli uomini della cultura democratica italiana, i quali tutti scelsero di trovarsi al fianco delle democrazie occidentali, degli Stati Uniti, della Nato. Avevano ragione quei leaders che, nel mondo, s’accostavano al muro di Berlino sentendolo come una ferita, uno sfregio alla dignità umana, una piaga che occorreva sopportare in nome della guerra fredda e dell’equilibrio nucleare, l’equilibrio del terrore.
Allora, cinquanta anni fa, i comunisti italiani, e con loro Giorgio Napolitano, non commisero un errore di valutazione, anzi, molti di loro ben sentirono che i carri armati dell’Armata Rossa avevano fatto scorrere i loro cingolati sull’umana carne della libertà ungherese. Allora i comunisti italiani, e con loro Giorgio Napolitano, furono coerenti con la natura stessa del loro partito, fedele alleato nonché strutturalmente organizzato e finanziato da una potenza nemica, foraggiato con soldi sporchi di sangue. E fra il sangue che li intrideva c’era anche il sangue ungherese. Ci vuole tutta la monumentale viltà di chi, dopo cinquanta anni, non riesce ancora a fare i conti con la propria vita, con la propria identità, con la propria storia, per pensare di liquidare la faccenda come se fosse un: Nenni aveva ragione.
Napolitano è egli stesso figlio di quel sangue versato, è egli stesso un prodotto dei soldi sovietici versati contro la libertà e la democrazia degli italiani. Occorre comprenda, se ne è capace, che questa non è una partita nella sinistra, ma una partita con la storia di noi tutti. E’ un vero peccato, che non lo capisca. E, non riesco a non dirlo, provo una certa vergogna per il fatto che il mio Paese sarà rappresentato, in Ungheria, da un uomo che solidarizzava allora con chi massacrò ogni germoglio di libertà, ed ancora oggi è sopraffatto da quella viltà che, sola, riesce ad occultarne la vergogna.