Politica

Natalitalia

Due giorni di martirio aeroportuale, più di cento voli cancellati, migliaia di persone prese in ostaggio, fra chi sarebbe dovuto partire e chi aspettava di ricevere, con un attentato alla libertà individuale, al rispetto di chi paga per viaggiare, al lavoro di chi ha da fare ed ai sentimenti di chi si sposta per le festività.

Il tutto perché il personale di terra Alitalia decide di riunirsi in assemblea ad oltranza e discutere delle condizioni relative al passaggio a Cai. Ancora una volta, ancora come già qui denunciato, facendo una gran pernacchia alle leggi ed ai numerosi tutori che dovrebbero assicurarne il rispetto.
In un Paese normale partirebbero le denunce, da parte delle autorità, ed i licenziamenti, da parte dell’azienda. Se qualcuna delle parti non ha rispettato i patti, e fermo restando che questo non autorizza gli altri alla violazione della legge, ci sarebbe un giudice pronto a condannare la slealtà contrattuale. Ma qui manca tutto, perché abbiamo piegato il diritto alla legge del più prepotente, del più fastidioso, del più bravo a danneggiare gli altri.
Come in un brutto film stile anni settanta, ci manca solo che il cittadino si faccia “giustizia da sé”, come siamo andati vicino a che accadesse, con la folla dei paganti che minacciava la rivolta. Una scena già vista, una scena che già abbiamo vissuto, negli aeroporti massacrati da scioperi di controllori, piloti od altre corporazioni.
E’ accaduta le stessa cosa anche in altre parti del mondo, non siamo gli unici. Solo che alcuni ne hanno tratto la forza per ristrutturare il trasporto aereo, noi ci siamo indirizzati a mettere sul conto collettivo il prezzo di una Alitalia fallita, gestita in modo fallimentare, in un trionfo orgiastico e consociativo. E siamo qui, dopo venti anni, non solo a pagare, ma a perseverare.

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