Politica

No B Day contro la sinistra

Una parte dell’opposizione ha convocato, per il prossimo 5 dicembre, una manifestazione contro la sinistra, mascherata, seguendo la moda demezial-anglofila, da “No B Day”. Sabato scorso, del resto, se ne è già tenuta una, a Roma, contro il sindacato, convocata dalla Cgil. Nel mentre la maggioranza si trova in un non occultabile stato di dilaniamento, l’opposizione ne trae spunto per dividersi anch’essa, allo scopo, ciascuna componente per sé, di ribadire il proprio ruolo di guida sul resto della baracca. E’ il bipolarismo degli ultimi quindici anni: due poli, che si dividono in due gruppi, ciascuno dei quali ha due anime, che si ritrovano due capi a testa, con due procure della Repubblica per uno: quella pronta a spedirgli un avviso di garanzia e quella lesta nell’arrestare la moglie dell’avversario. Sarebbe anche spassoso, se non fosse tutto terribilmente uguale e pericoloso.
Guglielmo Epifani ha portato i suoi in piazza senza avere alcunché d’immediato e di sindacale da ottenere, ma li ha schierati per dimostrare due cose: a. la Cgil è pronta per lo sciopero generale, ma a frenare sono gli altri sindacati, indicati come conniventi con la politica economica del governo (ammesso che siano riusciti a capirla); b. nella sinistra lui mantiene la guida dell’ala operista, che nel Pese conta sempre di meno, che s’incarna in sindacati sempre meno rappresentativi, ma che, comunque, resta imprescindibile per un partito, quello democratico, che somiglia sempre di più ad un contenitore post comunista e sempre meno ad una forza riformista ed occidentale.
La giornata antiberlusconiana è organizzata da forze che, in un sistema normale e razionale, sarebbero collocate nella destra, e, per la precisione, in quella giustizialista, quindi reazionaria. Invece sono alleate della sinistra, dimostrando quanto vigorosa sia la malapianta del trasformismo. Siccome è noto che la divinità dev’essere invocata per proteggere ciascuno non dai nemici, ma dagli alleati, il compito che questa destra di sinistra s’è dato consiste nel costringere la sinistra a esistere solo in quanto riflesso negativo dell’odiato Berlusconi. Priva d’idee, di programmi, d’identità, ma colma di rabbia e voglia di vendetta, abbrutita dalla triste realtà: il popolo sta dall’altra parte. Tristemente, i pretesi difensori della democrazia s’industriano, da troppi anni, a negarne il principio basilare, quello del suffragio popolare e del potere delegato.
Così, se la maggioranza va in palla, perché composta da dicotomie inconciliabili, la sinistra non ne approfitta per definire in positivo se stessa, candidandosi al governo del Paese, ma preferisce annegare le proprie dicotomie, non meno inconciliabili, entrando nel gioco di quelle altrui. Un ripetuto esercizio a rimpiattarsi dietro le incapacità o le contraddizioni dell’altro, galleggiando su una società che, a sua volta, s’incattivisce in un tifo senza fondamenti ideali, rosicando la mordacchia in attesa di addentare le carni di un avversario vissuto come nemico della civiltà.
Il nostro sistema politico, quello creatosi nel magma distruttivo del 1992-1994, sta asfissiando nell’assenza di idee e prospettive, coltivando la morte come elemento di ragionamento politico, utilizzando la giustizia come arma contro il consenso elettorale. Strangolato dal cappio della propria insipienza, scalcia non rassegnato e, in assenza di alternative credibili, sopravvive boccheggiando ed infettando l’intero sistema istituzionale. Va bene, lo so, mi sto lasciando andare al pulp. Ma ciò che vedo, in quello che un tempo si chiamava “paese reale”, in parte induce alla speranza che il tessuto produttivo e culturale sopravviva, per estraneità, dall’altra spinge a lanciare l’allarme, perché anche quello s’è stracciato e non sarà facile rammendarlo.

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