Politica

Nomine e politica

Ancora due settimane poi le liste per le nomine devono essere depositate, quindi avviate le assemblee che porteranno alla conferma o alla sostituzione dei vertici di molte e importanti società pubbliche. Sono mesi che chi di dovere se ne occupa, cercando di farlo nel modo meno visibile possibile. Sono mesi che si muovono gli interessati, a restare o a entrare. Attorno all’operazione si sparge un velo di riservatezza, quasi con il misterico rispetto per l’officiarsi del rito del potere. Mi pare che il metodo sia sbagliato. Perché si fa finta di non sapere che le nomine saranno politiche, fino all’impudicizia di negarlo, ma non si spende una parola sull’indirizzo politico che ciascuna società dovrà seguire. A cominciare dallo stabilire cosa deve essere tenuto in mano pubblica e cosa è bene vendere.

Che le nomine siano politiche è del tutto ovvio, dato che parliamo di società il cui controllo è nelle mani pubbliche. Che la nomina possa anche essere di qualità, o non destinata ai soli analfabeti, pur essendo politica, è auspicabile. Ma, anche in questo aspetto, potrà giudicarsi il nominante, e non solo il nominato, solo a condizione che abbia prima detto cosa intende ottenere. Che le nomine siano amministrazione del potere non vedo perché dovrebbe scandalizzare. Il potere e la politica sono come l’erotismo e l’amore: non preoccupa che coesistano, semmai che si separino (è solo per fare un esempio e chiarire il concetto, non per dire che si possano nominare le e gli amanti).

Il punto è: come fai a nominare i vertici dell’Eni se non esponi quale dovrebbe essere la politica energetica del Paese, quindi quello che quella società deve fare? come nomini i vertici delle reti, se non stabilisci quali dovranno essere privatizzate e se intendi (il cielo non voglia) ripubblicizzarne altre? Se separi le nomine dalle politiche allora sì che entri nel club della spartizione fine a sé stessa. Se mandi un nuovo amministratore delegato, ma non gli dici cosa lo deleghi a fare, operi una scelta politica che umilia la politica. E se confermi quello che c’era prima, solo perché le cose vanno come devono andare, vuol dire o che condividi gli indirizzi del governo che fece quella nomina, o gli hai fregato un compare, o avete deciso d’essere compari assieme. Non siamo mica gli unici al mondo, a fare nomine pubbliche, ma ci sono democrazie in cui i nominandi vanno a riferire, alle commissioni parlamentari, quello che intendono fare e il mandato che intendono assolvere, per poi votarsi o meno il gradimento. Da noi si vota (quando si vota) sui nomi, per schieramenti. Il che risulta fastidioso, fazioso, oltre che non vincolante, quindi inutile.

Infine: è vero che in una famiglia non è il commercialista a decidere quanto si deve tagliare e come si deve spendere, ma è anche vero che se il contabile segnala un eccesso di spesa, mettiamo, per 2000 euro, si può decidere di tagliarne per 10.000, mettendone 8000 al servizio degli studi dei figli. Fuor di metafora: quello presentato da Cottarelli sarà pure un menù, ma mica si sceglie à la carte, questo sì e questo no, perché il tutto è ancora poco. Se a qualcuno trema la mano che deve tagliare allora è meglio che lo portino via dalla sala operatoria. E se non vuole affrontarne il costo politico è perché non ha una politica seria e alternativa da proporre. Quale occasione migliore che non quella delle nomine, per vedere se alle chiacchiere corrisponde la sostanza?

I dati sulle esportazioni di manufatti, nel quarto trimestre 2013, ci dicono che mentre tedeschi e francesi sono calati noi siamo ulteriormente cresciuti. C’è un’Italia con cuore e polmoni forti, capace di essere già fuori dalla crisi e guardare ai mercati globali come opportunità. Se non la si segue con il resto dell’Italia, attardata e spaventata, illusa e incattivita, e se non lo si fa indirizzando il troppo vasto settore pubblico, se non si hanno scadenze e sistemi per vendere quel che non è vitale, abbattendo il debito pubblico, allora vuole dire che chi legifera e governa è cittadino onorario dell’Italia che non merita e non avrà cittadinanza nel mondo.

Pubblicato da Libero

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