Politica

Non basta difendersi

Il ricatto, descritto ieri, mira a rendere inerte il governo. Non tanto nell’azione riformista, quanto nell’intermediazione degli interessi affaristici. L’Italia che mena lo scandalo non chiede d’essere governata diversamente, preferisce non essere governata affatto. Lo Stato sia la cassa, scucia quando serve, venda quando conviene, si riprenda le baracche dopo la spoliazione (modello Telecom). In quanto al resto, ciascuno per sé.
Il governo, se ne avesse avuto voglia e capacità, avrebbe potuto reagire per tempo. Le riforme strutturali, che Confindustria reclama, qui le snoccioliamo e chiediamo fin dall’inizio. Abbiamo descritto l’occasione della crisi, l’onda negativa che avrebbe potuto dare la forza di cambiare, fermando l’arretramento produttivo del Paese, che si trascina da molti anni. La risposta è stata deludente, l’occasione ci sta scivolando dalle mani, addirittura si è teorizzato il contrario: meglio non toccare nulla. Invece, quelle riforme sono urgentissime e decisive. Anche la fine della cassa integrazione come sistema per sostenere aziende improduttive, perché sia chiaro che servano all’interesse generale e non a placare chi strilla di più.
Sulle riforme, insomma, il governo s’è fermato da sé, mentre sul resto provvede, o dovrebbe provvedere, il ricatto. Anche questo scenario è stato qui descritto: si poteva reagire sparigliando, accettando la sfida referendaria e tornando alle urne, ma il mancato trionfo europeo e l’avviarsi del ricatto suggerirono al presidente del Consiglio di scartare quest’ipotesi. La maggioranza è vasta, la crisi di governo esclusa, se non autoprodotta, quindi, delle due l’una: o un forte, immediato, traumatico rilancio riformista, oppure l’inedia. Quattro anni di fine legislatura. Mortale.
Perdendo l’occasione della crisi l’Italia si gioverà poco, e lentamente, della ripresa. Molti lavoratori hanno visto crescere il potere d’acquisto, ma anche la paura del futuro. Altri hanno perso il posto, o lo perderanno, talora senza protezioni. Il malessere cresce, come anche l’incarognirsi della vita pubblica. Il gioco allo sfascio, pertanto, è pericoloso, disgregante, potenzialmente eversivo perché privo di sbocchi politici alternativi. Per questo il governo non deve solo difendersi e sopravvivere. Non può e non possiamo permettercelo.

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