Il sondaggio Unicab, commissionato da Pololaico e pubblicato da La Stampa, consegna elementi interessanti di riflessione ed un preciso messaggio politico.
Più che un’Italia laicizzata Unicab consegna la fotografia di un’Italia irrevocabilmente deconfessionalizzata. Certo, il fatto non è nuovo ed il processo si era avviato in anni lontani. La chiesa cattolica, ad esempio, aveva già speso tutta se stessa, così come si erano spese le forze politiche che a quel magistero direttamente si richiamavano, sia quando si trattò di votare pro o contro il divorzio, sia quando la scelta riguardò l’aborto. In tutti e due i casi gli italiani le voltarono le spalle.
Si badi bene: dopo questi due referendum, però, pur continuando il processo di erosione del consenso elettorale che s’indirizzava alla democrazia cristiana, non si assisté né a crolli né ad alternative di governo. Segno che la deconfessionalizzazione è una scelta di costume e di vita, ma non una scelta di schieramento politico.
Unicab ci consegna esattamente questa immagine. Difatti gli italiani si allineano su tutte le questioni di fondo, senza che vi siano scarti significativi a seconda che poi si definiscano di centro destra o di centro sinistra. E, cosa davvero interessante, ciò avviene sia quando si viola qualche tabù di destra sia quando si viola qualche tabù di sinistra.
Una certa avversione all’omosessualità dichiarata ed ostentata è un tabù di destra (poco importa se reale od immaginario), di cui gli elettori del centro destra non tengono alcun conto. Mentre una certa propensione alla liberalizzazione delle droghe è un tabù di sinistra (anche in questo caso poco importa se reale od immaginario) di cui gli elettori di sinistra non tengono alcun conto. E proprio l’esempio delle droghe, che gli italiani giudicano da combatte e non da consentire (anche in presenza di un quesito alquanto tendenzioso nel volere far loro dire il contrario), torna utile a capire il senso di fondo dell’evoluzione civile cui assistiamo: si desiderano maggiori libertà reali, si desidera una vita più libera e migliore e si rifiuta ogni forma di dogmatismo e di schiavitù. Le droghe, quindi, tutte le droghe, non potevano che essere fra le cose da respingere.
Alla luce di questi risultati, certo, appare strana una scena politica in cui quasi tutti fanno carte false (nel senso letterale del termine) pur di conquistarsi una qualche benedizione ecclesiale. Ma è meno strano di quanto appaia. La corsa alla benedizione è stata aperta da una sinistra in cerca di legittimazioni ed accreditamenti, e non ha mancato di dare qualche frutto nel 1996, quando la campagna elettorale ulivistica s’intrecciò, nei temi e nei simboli, all’ulivica ricorrenza pasquale. Ancora molta parte dell’elettorato italiano giudicava pericoloso un voto dato a coloro che erano stati, fino alla sera prima, orgogliosi del proprio comunismo. Una copertura tonacale, propiziata da un candidato premier democristiano, non mancò di produrre i suoi effetti.
L’errore da non commettere è quello di credere che quello fu un pronunciamento religioso, o di valori religiosi, e che per questo gli italiani diedero ascolto. Intanto perché la maggioranza degli italiani continuò a votare dall’altra parte.
Attenti, però, a non festeggiare il tutto senza tenere in conto il fatto che il sondaggio Unicab contiene qualche elemento di preoccupazione politica. Gli italiani si ritrovano in una società evoluta e deconfessionalizzata, e lo fanno indipendentemente dagli schieramenti politici. Se la politica si limita ad inseguire questa o quella pulsione, questo o quel problema, esaurisce se stessa nella ricerca del consenso e non porta nessun contributo alla vita collettiva, proprio perché non viene riconosciuta come dirimente e qualificante. Il sondaggio Unicab ci dice che o la politica ritrova la sua dimensione ideale e progettuale o perde per strada se stessa. E, al contrario di quel che molti credono, da questo ulteriore smarrimento nessuno ha qualcosa da guadagnare.