Politica

Non ridete di Grillo

Beppe Grillo va preso sul serio, specie ora che parla da comico e non da capo politico. Qui lo abbiamo fatto fin dall’inizio, sottolineando che senza le liste elettorali da lui messe in scena i votanti sarebbero stati ancora meno, aggravando l’anemia democratica. Prendere sul serio non significa condividere, difatti molti dei frutti ortotteri mi sembrano coltivati sul terreno fertile del ribellismo qualunquista. Ma sottolineammo anche le cose ragionevoli. Non dimentico che nella polemica sulla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia le tesi che sostenevo si ritrovarono nella battaglia parlamentare pentastellata, che non fu solo l’unica opposizione attiva, ma anche la sola disposta a prestare attenzione a un tema tutt’altro che semplice (a proposito: sono passati più di due anni e non s’è visto nulla di quello che i sostenitori di quell’operazione davano per imminente e sicuro). Né va dimenticato, cosa ancora più importante, che per almeno due volte Grillo si sottrasse all’esagerazione, non corse il rischio di convocare a Roma una piazza marciante, già pronta a muoversi e da lui stoppata. Gliene va reso merito. E va preso sul serio.

Si può anche liquidare, ora, il suo ritorno all’attività spettacolare come il desiderio di riprendere a incassarne i proventi. Si può dire che quando provò a far pagare il biglietto, esibendosi da capo politico piuttosto che da comico, i botteghini gli diedero torto. Ma sono versioni un po’ troppo comode, pregne della speranza che il suo bottino elettorale sia divisibile fra altri, o, almeno, vaporizzabile, archiviabile fra le cose passate. Ho l’impressione che a risospingerlo sul palco teatrale sia l’opposto: il constatare che quei consensi tendono a farsi permanenti. Il che comporta dei doveri, in capo a chi li ha suscitati. Guarda attonito e dice: scherzavo.

Dal punto di vista elettorale il Movimento 5 Stelle non partì in quarta, semmai in salita. Le prime prove contabilizzavano nelle urne meno di quel che si vedeva nelle piazze del “vaffa-day”. La svolta ci fu con le elezioni regionali siciliane (2012): arrivò a nuoto (ancora complimenti) e approdò su un’isola vuota di politica, avversando una politica piena del peggio. Riempì piazze e contrade, raccogliendo un enorme elettorato d’opinione. Proprio quello che si sosteneva non esistesse, in Sicilia. Certo, era un’opinione prodotta variamente. C’era il duodeno, ma anche il cervello. C’era lo schiumare rabbioso, ma anche anime afflitte. C’era il desiderio di scaricare su non si sa quale politica l’impossibile pretesa d’esserne tutti mantenuti, ma anche la constatazione che i tanti dispensatori di mantenimenti e mance s’erano costruiti una vita dorata, sulle miserie altrui. Dalla Sicilia il rutto prese la profondità del ruggito, risalendo la penisola e portando alle successive affermazioni.

Certo, era facile prevedere che gli eletti non selezionati, non scelti e manco votati, avrebbero compreso umanità varia e variante. Che la bubbola della rete democratica era mascheratura d’istinti non commendevoli. Così è stato. Ma è da intendersi come accusa a Grillo o come autoaccusa all’Italia (in)civile? Era una debolezza sua o collettiva? Comprendendo espulsioni e fughe, i trasformismi frinenti sono meno imponenti di quelli generati dall’inesistente alta coscienza della sinistra (che fu) ideologica e dai mestieranti della destra. Fra quegli eletti c’erano svampiti credenti nelle scie chimiche, ma fra quelli altrui ce ne sono che non solo s’esibiscono con analoga incompetenza, ma suppongono pure d’essere rispettabili.

Veniamo al punto: non credo che Grillo torni a fare il comico perché suppone impossibile una futura vittoria elettorale, semmai la teme, perché all’indomani di quella dovrebbe sapere cosa farsene. E non lo sa. Torna a fare il comico per continuare a recitare la parte, la stessa di sempre, ma libero dal dovere di dare risposte alle domande che pone. Una cosa è far parte dell’onda di ripulsa, una cosa è alimentarla, altra l’essere responsabili di come e dove va ad infrangersi e devastare. Ma l’onda rimane. E il guaio non è che Grillo non sappia trovare le risposte, il guaio è che gli altri neanche le cercano. Ipnotizzati dal credere che il loro piccolo mondo inutile sia il solo esistente, sicché destinato a non finire mai.

Pubblicato da Libero

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