Politica

Occasione immigrati

L’Unione europea ha corso e corre seri rischi, sul fronte della moneta unica. Ma sono niente, rispetto alla voragine che le si apre sotto i piedi, sul terreno dell’immigrazione. Quando si parla di monete e bilanci si può sempre coltivare l’impressione, o il pregiudizio, che nelle mosse di questo o quello ci sia un sovrappiù di furbizia, per convenienza economica. Spesso non è vero, ma è verosimile. Sull’immigrazione, invece, si misura quanto grande possa essere la cecità e la stupidità. L’incontro fra i governi francese e tedesco, ad esempio, è stato un tripudio di piccineria ottusa. Eppure, sia detto con cinismo, governare l’immigrazione potrebbe essere una grande occasione, per l’Europa.

Cominciamo da qui: anziché crepare di asfissia, nella stanza chiusa dei ragionieri, si offre l’opportunità di far vedere ai cittadini europei due cose di grande importanza: a. ci si occupa di loro e degli esseri umani, non solo di conti; b. lo si fa senza rinnegare la natura profonda della cultura e degli ideali europei. Imbroccarla significherebbe ripartire con un passo diverso, capace di superare le residue difficoltà che ancora impantanano i contabili.

Per capire come riuscirci si parta dall’esame dell’incontro franco-tedesco, comprendendo come vi si trovino due grandi errori e una cosa giusta. Il primo grande errore consiste nel fare di questi incontri, dando loro rilevanza esterna. Tutti i passi falsi europei, nel corso della crisi dei debiti sovrani, si devono alla scelta di affrontarla mediante incontri bilaterali e intergovernativi. Quando è entrata in scena una vera istituzione europea, la Bce, le cose hanno cominciato a raddrizzarsi. Il guaio di quei vertici è che cancellano la possibilità di istituzioni e procedure decisionali europee. Il guaio aggiuntivo è che i tedeschi usano l’incontro con i francesi per far passare le loro tesi come fossero espressione dell’asse che ha fatto da perno all’integrazione europea, mentre i francesi usano quegli incontri per far credere, a sé stessi e agli altri, di avere ancora un peso politico. Spendendolo nel pompare la prosopopea nazionalista e impedendo l’integrazione istituzionale. In sintesi: l’asse deve saltare. Meglio se per convinzione dei partecipanti, altrimenti per volontà degli esclusi.

La cosa giusta, in quell’incontro, consiste nella volontà di avere una procedura unica, su tutto il continente, per l’identificazione e il riconoscimento dell’asilo ai profughi. Bene. Purtroppo tale cosa giusta, la sola, è immediatamente cancellata dal secondo errore grave, ovvero l’idea di scaricarne il peso sulle spalle dei Paesi che hanno confini esterni. E questo non è solo egoismo, è imbecillità. Se politica comune ha da essere, ed è bene che sia, allora occorre anche struttura amministrativa comune. Tanto più che l’obiettivo deve essere quello di spostarla fuori dal territorio europeo, per farla funzionare nei campi che dovranno essere organizzati sulle coste di partenza. E, per allenarsi, come da tempo proponiamo, sarebbe bene considerare extraterritoriali, quindi non sottoposti all’amministrazione nazionale, anche i campi che si trovano all’arrivo. E non solo le coste, considerato quel che sta risalendo dalla Grecia, Macedonia, Serbia e Ungheria. Non vorrei che, a forza di appelli al buonismo, poi si speri che regga l’argine ungherese. Si passerebbe dalla stupidità alla disonestà.

I profughi dobbiamo accoglierli. I clandestini dobbiamo respingerli. Nessuna delle due cose può essere fatta se non si è capaci di distinguerli. Va fatto assieme, acciocché il risultato sia dato per totalmente condiviso. Serve questo, a far ripartire l’Europa. E serve questo anche a rispondere agli speculatori interni, che non solo non saranno tacitati, ma in qualche modo legittimati se i governanti e i membri della Commissione europea si mettono a fare i parroci di campagna. Più che parole compassionevoli, hanno detto parole che fanno compassione. Servono fatti, e quelli che proponiamo lo sono.

Noi italiani avremmo le carte in regola per far valere una simile linea. Siamo quelli che hanno fatto il lavoro migliore, nel salvare gli sventurati. Siamo anche dei disgraziati nel non sapere fare quel che che è necessario fare dopo. Senza di noi l’Ue sarebbe una frontiera sporca di sangue. Ma nessuno può pensare di farci pagare il prezzo aggiuntivo di svenarci in impossibili accoglienze di massa. Abbiamo le carte in regola, non per porre il problema, ma per proporne la soluzione. Ma passiamo il tempo elemosinando l’elasticità, che poi sarebbe l’omertà contabile sul fatto che i nostri conti non tornano. Né torneranno mai, se non si sa far valere le proprie ragioni, rimediando ai propri torti.

Pubblicato da Libero

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