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Pacieri

Pacieri

Checché ne dica Musk, gli Stati Uniti non usciranno dalla Nato. Servirebbero due terzi dei voti parlamentari e Trump non li ha neanche con il binocolo. Posto ciò, la revoca delle esercitazioni congiunte è già una rottura, sicché il futuro – con o senza Trump – non somiglierà al passato che abbiamo conosciuto.

Oltre che per la richiesta impropria di udienza al Quirinale, Musk si è distinto per avere fatto osservare che se lui ritirasse la copertura dei suoi satelliti la difesa ucraina sarebbe sconfitta in poche ore, salvo poi aggiungere che non ha intenzione di farlo. Ma lo ha già fatto, perché all’inizio della guerra offrì la copertura, lasciando intendere che era per una giusta causa, e poi la ritirò chiedendo soldi, cosa che ottenne dai fondi del Pentagono. Ha così fornito al mondo un efficace riassunto del perché nessun governo nel pieno delle proprie facoltà istituzionali e mentali firmerebbe un contratto di dipendenza da un simile soggetto.

Il che porta al programma europeo di difesa, su cui oggi si vota al Parlamento europeo, che comporta un riarmo subito dispiaciuto alla pletora di pacieri che si sono persi le ultime puntate e sono rimasti alla pace di ieri, quella che in casa loro nessuno aveva minacciato. E siccome il tempo mal si concilia con le ipocrisie, cerchiamo di diradare le fumoserie.

Avrebbe teoricamente ragione la segretaria del Partito democratico quando afferma che la difesa europea richiederebbe una spesa europea, non la crescita delle spese nazionali. Ma ha torto. Perché intanto ci serve il riarmo subito, dacché subito dobbiamo potere passare altre armi agli ucraini. Il che può essere fatto soltanto con le spese nazionali, a cominciare dal finanziamento necessario ad aumentare le linee produttive per il munizionamento. Il giusto che c’è, in quell’affermazione, va svolto in modo diverso: prima di dare corso a quelle spese è necessario pianificare le produzioni europee in modo da far crescere campioni continentali e non nazionali; così come è necessario che, se qualche cosa dev’essere comperata fuori, questo sia fatto in modo centralizzato e con le dovute garanzie che non siano armi per usare le quali, al dunque, serve l’autorizzazione del produttore.

Avrebbero ragione la presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri a dire che il nostro riarmo deve avvenire nel quadro della Nato. Ma non sarà così. Perché se per “quadro Nato” s’intende “in accordo con gli Usa” occorre prendere atto che la rottura è già avvenuta e la scommessa della Casa Bianca è che la guerra finisca per indebolimento e soccombenza dell’aggredito. L’opposto del nostro intento: cerchiamo la pace nel rispetto del diritto internazionale e nella difesa della libertà e integrità. Restiamo nella Nato, certo, ma a questo giro c’è poco da coordinare, giacché il voltafaccia cambia le cose. Il giusto che già va diversamente svolto: non saremo mai noi a rompere con la Nato.

Il caso Starlink dimostra che molta parte di quella spesa per la difesa dovrà essere destinata al rafforzamento della rete satellitare europea (Eutelsat). Si dovrà essere più forti anche nella regolamentazione, perché non ha senso che lo spazio, grande ma non illimitato, sia occupato da privati che lo fanno proprio. Sul totale di 11.833 satelliti, di varia natura e orbita, l’Ue ne ha 628, l’Uk 700, gli Usa 1.000 e Starlink 7.000. Con la concorrenza che sarà di Amazon. Una cosa è il concorso privato, altra la logica latifondista, che non può spaziare in orbita. Si dovrà spendere molto e bene per la sicurezza informatica e lo si farà nella costruzione di droni.

Tutta roba preziosissima per la vita civile e la prosperità nella pace. Non si finanziano solo armi che uccidono, tanto più che la nostra è e resterà soltanto difesa. Sono soldi che accrescono la sicurezza, ma serviranno ancora di più se a prevalere saranno la ragionevolezza e la pace. Sicché non c’è alcuna scelta da compiersi fra la sanità e la difesa, semmai occorre far evolvere la sanità grazie alla ricerca non soltanto medica.

Davide Giacalone, La Ragione 12 marzo 2025

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