Politica

Parlamenticidio

Se fossi un senatore della sinistra voterei risolutamente contro la decadenza di Silvio Berlusconi dal seggio, spiegandone apertamente la ragione ai miei elettori. Voterei contro anche se fossi un senatore della destra, ma con qualche imbarazzo. Se fossi stato un senatore, del resto, avrei votato contro la legge Severino, perché questi signori non capiscono di star seppellendo il Parlamento. Non essendo senatore il problema non mi si pone, sicché ho potuto liberamente sostenere che tutta la questione è priva di senso, che decadere o non decadere non cambia la politica, che la storia parlamentare di Berlusconi è comunque finita e che sarebbe stato saggio, da parte sua, dimettersi, sollevando il tema generale del funzionamento della giustizia. Ma rimane intatto il problema più grosso, quello con cui si deve fare i conti: un mondo e presidenze parlamentari che, per viltà e demagogia, stanno distruggendo il Parlamento.

Quando le democrazie crollano, talora perché logorate da una vita politica divenuta inconcludente, chi le scanna lo fa in nome di un’etica superiore, di un bisogno di redenzione, di un anelito di pulizia. Spalancando così le porte al sudicio inferno del dispotismo. I “cattivi” della storia non recitano da cattivi, ma da buoni. Essi denunciano il parlamentarismo come sentina d’intrallazzi e scambi occulti, quale regno dell’opacità e della connivenza. Esattamente quel che stiamo vedendo in Italia, sebbene, grazie al cielo, in una versione al momento grottesca e alla puttanesca. Il presidente del Senato dice di non opporsi al cambio del regolamento e al voto palese. Taluni annunciano di volere fotografare il voto. Che vergogna. Hanno un così basso concetto di sé che identificano automaticamente il voto segreto con il voto venduto e comprato, facendo finta di non sapere di essere stati tutti nominati dalle segreterie dei partiti, nessuno di loro eletto per volontà degli elettori, sicché il voto palese equivale a un voto già comprato da chi li nominò. E sono così occupati a evitare che la sinistra si riproduca nel prodigioso numero dei franchi tiratori presidenziali da non avere neanche preso in considerazione il problema opposto: la libertà dei senatori di centro destra di esprimersi senza doverne rendere conto a chi li nominò, che è poi la stessa persona sulla quale sono chiamati a votare. (Oltre a far finta di non sapere che i franchi tiratori contro Romano Prodi furono sì coperti dal segreto, ma espressione di una scoperta linea politica, che considerava negativamente quel candidato. O non si può?).

Un Parlamento così ci mette poco ad apparire, oltre che a essere, inutile. Ma vado oltre, perché la faccenda non si chiude su quest’unico capitolo: l’inchiesta penale sul mercanteggiamento, e l’eventuale pagamento, di voti parlamentari è in sé la negazione del Parlamento. Un parlamentare che accetta soldi in cambio di uno o più voti è una schifezza di persona, a meno che non lo faccia dichiarandolo e registrando le somme. Chi lo paga, del resto, non è da meno, sempre, naturalmente, che non lo faccia in modo trasparente. Quel genere di transazione, se oscura e negata, è esposta a diversi rilievi di regolarità e rilevanza, sia penali che fiscali. Altri mercanteggiamenti, sia relativi a nomine che a scambi su altri voti e altri temi, sono consustanziali all’esistenza di un Parlamento libero. Ma l’idea che sia un reato comprare un voto parlamentare, ovvero esercitare un’influenza, benché con mezzi sporchi, compromette la libertà del parlamentare, quindi del Parlamento. Significa che oggi le toghe entrano grazie alle parole del Di Gregorio di turno, non a caso eletto nelle file dei moralizzatori, ovvero di quanti partoriscono le peggiori immoralità, ma domani si potrà, magari anche solo per indagare, chiedere conto a ciascun parlamentare di ciascun voto. E dato che dietro ogni voto ci sono sempre interessi (come è ovvio che sia) tutti loro facciano bene i conti circa i pericoli che corrono. In un processo di decadenza morale capace di dare determinazione e sicurezza solo ai corrotti, essendo gli unici ad accoppiare un’utilità effettiva al rischio potenziale.

I franchi tiratori sono il prezzo che si paga per l’esistenza di un Parlamento vero. I parlamentari venduti sono il prezzo perché gli altri siano liberi. Queste nefandezze devono trovare sanzione nel giudizio politico e nel voto popolare, devono essere oggetto di battaglia politica. Se si fa entrare l’ordine giudiziario in questo ingranaggio si dissolve il potere parlamentare, trasferendolo ai non eletti. Si chiude la democrazia e si apre il dispotismo. Il che capita quando la viltà di molti si mescola con la furba stupidità di tanti, facendo diventare troppi quelli che in Parlamento non sarebbero dovuti entrare neanche per far le pulizie.

Pubblicato da Libero

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