Il rispetto che si deve al Capo dello Stato impone di non tacere un certo disagio per le sue più recenti affermazioni. Nel porgere gli auguri alle più alte cariche dello Stato, difatti, Ciampi è incorso in qualche illogicità, che, dato l’alta carica da Lui ricoperta, finiscono con l’avere un peso distorsivo.
L’invito al dialogo è cosa buona e giusta, appartenente al metodo stesso della democrazia. Ma un invito al dialogo nello specifico tema della giustizia è fuor di luogo. Non ha molto senso perché la responsabilità della maggioranza sta nell’avere varato norme incomplete ed insufficienti, inadatte ad aggredire i problemi veri della giustizia, che, come ricorda lo stesso Ciampi, attengono anche a quei lunghissimi tempi che la rendono ingiusta. Ma l’opposizione ha condotto una dura battaglia contro quelle norme, ritenendole eccessive e lesive dell’autonomia della magistratura. Due tesi inconciliabili, partendo dalle quali il dialogo serve solo a non far nulla. Ecco perché è fuor di luogo l’appello del Presidente: se rivolto alla maggioranza la sprona non a far meglio, ma a non fare niente; se rivolto all’opposizione si traduce nel suggerimento di una diversa linea politica, che, forse, non è esattamente il ruolo che la Costituzione descrive per il Capo dello Stato.
I processi sono troppo lunghi, osserva Ciampi, ed ha assolutamente ragione. Poi invita il ministro della Giustizia a vigilare. Ed in che modo? I tempi della giustizia sono quelli dell’amministrazione della procedura, che spetta ai magistrati. Anch’io vorrei che il governo avesse modo d’intervenire, sanzionando chi perde tempo e viola i termini temporali previsti dalle leggi. Ma ha idea, Ciampi, di quale canea s’alzerebbe se qualcuno proponesse una riforma di tal tipo? O pensa ad un maggiore potere disciplinare, in capo al ministro? Anche in questo caso l’opposizione della corporazione togata sarebbe durissima.
Il Presidente ha rimandato il disegno di legge sull’ordinamento giudiziario alle Camere, com’era suo potere. Lo ha fatto accompagnandolo con alcune osservazioni nel merito. Su questo la penso, tanto per cambiare, come Filippo Mancuso (il Riformista 22 dicembre), ma taccio, perché la dialettica istituzionale non va forzata. Non deve forzarla neanche Ciampi, il quale, però, torna su quella sua decisione e risottolinea quel che aveva già scritto, e che ora è all’attenzione del Parlamento. Male, perché la Costituzione disciplina in modo severo i rapporti fra Capo dello Stato ed attività legislativa, e gli auguri di fine anno non sono ricompresi fra gli strumenti utilizzabili.
L’appello al dialogo è opportuno, in qualche caso ha e deve avere il sapore di un richiamo al rispetto dello spirito costituzionale. Modificare, ad esempio, la Costituzione attenendosi ad una lettura aritmetica dell’articolo 138, è un errore. Un errore che commise il centro sinistra e che il centro destra ha prontamente imitato. Male, molto male. Ma le leggi ordinarie, ivi comprese quelle che regolano la giustizia, la vita economica, l’istruzione, la sicurezza e così via, passano a maggioranza, e non solo non sta scritto da nessuna parte che si debba essere tutti d’accordo, ma è bene che non lo si sia. La democrazia è dialettica, ed il compito dell’opposizione è essenziale. So che al Capo dello Stato non è necessario ricordarlo, ma capita, e capita a quasi tutti i quotidiani del mercoledì prenatalizio, che le Sue parole siano diversamente interpretate.