Politica

Partiti trivellati

Non si vuole che le trivelle esplorino l’Adriatico, ma già mostrano enormi buchi nella politica. L’Italia è solo posto al mondo in cui “trovare il petrolio” è considerata una disgrazia. Governata da forze politiche con tale abbondanza d’idee da averne diverse per ogni cosa. Poco importa se incompatibili fra di loro. Allora mettiamo in chiaro una cosa: il referendum sulle trivelle non comporta alcuna questione di coscienza, sicché quel che prova a somigliare a dei partiti politici può avere una e una sola posizione ufficiale, mettendo le altre in minoranza. Ove così non fosse non si capirebbe nemmeno che ci stanno a fare.

Gli italiani andranno alle urne referendarie, e ne pagheranno il costo anche se non ci andranno. Saranno chiamati non perché un certo numero di loro ne hanno sentito il bisogno, ma perché s’è aperta una faida all’interno dei partiti. Non sono i cittadini ad avere chiesto il referendum, ma nove regioni. Ciò vuol dire che a fronte delle decisioni prese (e inizialmente difese) dal governo guidato dal Partito democratico, sette regioni guidate dallo stesso partito vogliono che siano cancellate. A quelle si sono aggiunte due regioni, la Liguria e il Veneto, che sono governate dal Forza Italia e dalla Lega. Il governo ha reagito arrendendosi senza combattere, evidentemente impaurito dall’idea di dovere difendere quel che sembra impopolare. Trivellare, appunto, lo sarebbe. Secondo i viziatelli dei diritti senza doveri, del consumare senza produrre, dell’inquinare bruciando combustibili fossili senza disturbarsi a estrarli. Trovare il petrolio, secondo cotale dottrina, sarebbe impopolare. Provate a dirlo ai norvegesi, che vivono da signori, grazie a una tale disgrazia.

Fatto è che, appunto, si sono arresi. Varando un decreto che sarebbe dovuto servire a disinnescare tutti i quesiti referendari. Rendendo meno promettenti, inutili o impossibili le ricerche. Ma un quesito è sopravvissuto. Non mi soffermo qui sulla sua natura, che tanto è truffaldina quanto i passai suicidi del nucleare: gli italiani non voteranno a favore o contro le trivelle, ma sulla durata delle ricerche, restando inteso che il significato della propaganda e l’indirizzo del risultato sarà un altro: se vince il No, forse, si va avanti, se vince il Sì, di sicuro, si ferma tutto. A questo equivoco appuntamento ci apprestiamo, comunque, proprio perché i partiti non sanno fare il lor mestiere, talché gli stessi sostengono una tesi al governo nazionale e l’opposto in quelli regionali.

Vale soprattutto per il Pd, come detto, ma vale anche per il centro destra. Al punto che vogliono tenere il piede in due scarpe, anzi tre: chi è per il No, chi per il Sì e chi per minimizzare, astenersi, smorzare. In altre parole: scappare. Io sono per il No. Ma non conta. Ciascuno di loro, penso, ha il dovere di far prevalere una sola posizione. Se ne tengono due o tre, invece, offrono la prova d’essere dei comitati elettorali, senza idee precise, senza senso di responsabilità, senza una politica. Sono inutili. Tanto che, quando vedono salire il numero degli elettori che li manda a stendere e manco si reca alle urne, non devono ipocritamente gemere dolore, ma scorgervi il risultato di tanta loro pochezza.

Pubblicato da Libero

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