Politica

Passo indietro

Questa storia del “passo indietro”, da farsi o rifiutarsi, non ha senso. Nelle democrazie serie le opposizioni puntano a vincere le elezioni e sostituirsi a chi governa, mica a convincerlo che è il caso d’andare in vacanza, lasciando un altro, da lui stesso scelto, a prenderne il posto. Se da noi le cose vanno diversamente lo si deve alla debolezza intellettiva e all’innaturale avversione verso le maggioranze governanti. A gran parte della cultura italica fa orrore che chi vince le elezioni abbia il diritto-dovere di governare, senza neanche farsi legittimare dai presunti titolari della morale vongolesca. Significa, ciò, che Silvio Berlusconi fa bene a tirare dritto, senza nulla cambiare, puntando al 2013 per principio? No, non credo proprio, perché il governo è defunto da un pezzo.

La politica e gli affari di Stato non si governano facendo passi indietro, e manco di lato, ma conservando lucidità nell’analisi della realtà e chiarezza di visione per il futuro. Qualche volta perseverare è un modo per finire, mentre tranciare un modo per ricominciare. Chi qui scrive vide la fine di questa legislatura già un anno dopo l’elezione, nel giugno del 2009. Ancora una volta abbiamo avuto a che fare con una maggioranza di governo che s’è spappolata in divisioni interne, fino a subire una scissione, e che è rimasta tale grazie ad apporti dall’esterno. Criticammo il governo Prodi che si reggeva in piedi grazie ai voti dei senatori a vita e sono convinto che la coerenza sia una qualità.

Il protrarsi della legislatura ha fatto crescere il ruolo politico del Quirinale, sbilencando ulteriormente la nostra architettura costituzionale, e messo l’opposizione a galleggiare sui suoi eterni dilemmi, circa la prevalenza delle alleanze o dell’identità programmatica. Nel frattempo la politica sbraca nei confronti della giustizia, per due volte chiedendo che parlamentari siano arrestati e una volta riuscendoci, sicché l’andare avanti equivale all’andare al macello.

E’ vero, sono state prese misure importanti per tamponare la speculazione contro i titoli del nostro debito pubblico. Ma son pur sempre pezze, mentre il peso dell’Italia scema nell’unica sede preposta a risolvere la questione, quella europea. Non possiamo lasciare che le cose restino in mano a francesi che scatenano guerre per fregarci e tedeschi guidati con miopia. Ma non abbiamo la forza per impedirlo.

Si dice: se Berlusconi arretra non fa che dare ragione ai suoi critici. Al contrario: se non si muove conferma che gl’interessa solo restare dov’è. A che scopo, per potere intestarsi altre misure di rigore e altri (sì, altri, non prendiamoci in giro) aumenti di tasse? E’ evidente che il protrarsi dell’agonia indebolisce e snatura tutti, a cominciare da chi incarnò il sogno liberalizzatore e modernizzatore.

Gli chiedono un passo indietro, i cultori del balletto a spese altrui, per potere dare vita ad un governo di salvezza nazionale. Il cielo ci salvi. Ai tecnici abbiamo già fatto governare le privatizzazioni e il cambio della lira, e peggio (colpevolmente) non si sarebbe potuto fare. No, grazie. L’Italia ha bisogno di politica, non d’essere commissariata. Ma di politica seria, che abbia respiro, che parli al futuro. Non c’è. Né in maggioranza né all’opposizione. C’è un dimenarsi scomposto per la sopravvivenza, che già è presagio avanzato della fine. Di passi indietro non se ne deve fare uno, ma una decina. In modo da guardare l’insieme con un certo distacco e aver chiaro quel che a me sembra di vedere: così non si va da nessuna parte.

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