Politica

Pasticcio digitale

Il governo ha malamente pasticciato, relativamente alla neonata e già gravemente malata Agenzia Digitale. Il guaio è che continua a pasticciare, lasciando supporre che ne verrà fuori un mostriciattolo. Per non dire l’ennesimo carrozzone. Tanti governi si sono trastullati con il futuro digitale, riuscendo ad assicurare un presente d’arretratezza, ma solo l’attuale è riuscito a violare i decreti legge nello stesso momento in cui li emanava.

I decreti legge, si sa, servono a legiferare in condizioni di necessità e urgenza. Alla fine del giugno scorso il governo decise essere necessario e urgente creare una nuova Agenzia Digitale, fondendovi DigitPa, l’Agenzia per l’Innovazione e il Dipartimento innovazione della presidenza del Consiglio. Vale a dire pere, patate e zucchine. Ma lasciamo perdere, sta di fatto che il decreto prevedeva la scomparsa dei fondendi ben prima della conversione in legge, con la nomina del nuovo direttore generale, che sarebbe dovuta avvenire, dopo una procedura d’evidenza pubblica, entro un mese, vale a dire entro la fine di luglio. Il Parlamento ha deglutito tutto, come anche il Quirinale, un tempo puntiglioso, compreso il fatto che prima ancora della ratifica il decreto avrebbe provocato eventi irrimediabili, sicché il voto dei parlamentari era da considerarsi inutile. E passi, tanto oramai il Parlamento è lì solo per approvare, e il primo che prova a ragionare gli danno del traditore e sabotatore.

Ma le cose sono andate diversamente, perché il governo decretante non ha mai avviato alcuna procedura pubblica, non ha mai detto quale profilo dovesse avere questo direttore generale e, quini, non ha mai chiesto chi volesse andare a svolgerne le funzioni, presentando il proprio curriculum. Così è passato luglio. Poi è passato agosto. Intanto il decreto è stato convertito in legge, ma il direttore non si vede, e neanche la pubblicazione dei criteri. Per occupare il tempo morto, lungi dall’applicare la legge che loro stessi hanno scritto, per giunta sostenendo che era urgente, due ministri, Corrado Passera e Francesco Profumo, hanno pensato bene di cominciare a litigare su quale dei loro adepti meritasse di diventare direttore generale. Nello scucuzzarsi hanno dimenticato la procedura, in compenso lasciando trapelare non solo i nomi dei mal capitati, ma anche quelli delle possibili alternative. Il tutto come se non fosse mai esistito il loro decreto. Adesso siamo a settembre e il governo dice: è giunta l’ora di dare evidenza pubblica a questa nomina. Benedetti figlioli, avreste dovuto farlo a giugno! Ora sapete cosa vi capiterà? sarete  sommersi dai ricorsi, nel mentre avete fatto una pira di nomi pur rispettabili.

Mettiamo che tutto questo sia tollerabile (non lo è, anzi, è vagamente vergognoso), fatta la nomina sarà risolto il problema? No. Perché l’Agenzia per l’Innovazione (che ho presieduto e dalla quale mi sono dimesso, suggerendo di fare l’opposto di quel che hanno fatto) era un gioiello a bassa spesa e grandi risultati, salvo avere una parte delle competenze totalmente inutili: hanno salvato le cose inutili e soppresso le preziose. Grandioso. In più sono riusciti a bloccare il lavoro di centri di scambio con la Cina, annunciando che sarebbero stati seguiti da chi non li ha affatto accuditi. Perché dal Dipartimento non passerà nessuno alla nuova Agenzia, visto che il trasloco è volontario e non esiste un solo dipendente pubblico che lo accetti. Perché DigitPa ha un contenzioso infinito, nonché funzioni nel frattempo impoverite e svuotate (compreso il parere sugli appalti pubblici, che, forse, era il vero obiettivo di tutta la manfrina).

L’Agenzia Digitale, quindi, è già un miracolo se partirà prima della fine del governo che l’ha creata, candidandosi a rinfoltire il già lungo corteo dei carrozzoni orfani. Per essere stata concepita da tecnici e per doversi dedicare all’innovazione, non c’è dubbio che rappresenta un ragguardevole capolavoro di contraddizioni.

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